Bruxelles – Cambiare l’Europa o almeno iniziare a capire come farlo. Partirà il 9 maggio – giorno della festa dell’Europa – con queste premesse teoriche la tanto attesa Conferenza sul futuro dell’Europa: Ursula von der Leyen, David Sassoli e Antonio Costa – i presidenti di Commissione, del Parlamento e del Consiglio dell’Ue – hanno firmato oggi la dichiarazione interistituzionale congiunta per lanciare il dibattito sul futuro dell’Europa, con un anno di ritardo sulla tabella di marcia. Il primo passo formale per l’avvio del forum di discussione che prenderà il via con formato ridotto di un anno (invece di due) e che – dopo mesi di negoziati e scontri istituzionali – esce molto ridimensionata rispetto alle aspettative iniziali, soprattutto per quanto riguarda la spinta sulle riforme.
Gli Stati hanno respinto categoricamente la prospettiva di una futura modifica dei trattati europei in base a come andranno i lavori della Conferenza. Mentre il Parlamento Europeo ha chiesto a più riprese nel corso dei negoziati di non escludere a priori di mettere mano ai trattati, per rendere il progetto di riforma più incisivo. E non sembra convinto di voler rinunciare tanto presto a questa possibilità. “È essenziale che questo esercizio porti ad azioni concrete, cambiamenti legislativi, cambiamenti di Trattati, se questo è desiderato”, sottolinea il presidente David Sassoli al momento della firma della dichiarazione insieme a Costa e von der Leyen durante la plenaria. L’Istituzione rimane aperta a “non avere tabù” e a fare in modo che i risultati possano offrire una “visione reale del nostro progetto europeo”, aggiunge Sassoli sottolineando l’urgenza di rinnovare il patto democratico europeo. Prima ancora della partenza dei lavori, gli Stati sono riusciti nell’intento di ridimensionare la spinta federalista e riformista della Conferenza, intanto rilegando il ruolo proposto del liberale Guy Verhofstadt alla guida dei lavori a un semplice co-presidente del Comitato esecutivo e poi non menzionando l’ipotesi di una revisione nella dichiarazione licenziata oggi a Bruxelles.
Nell’atto si sottolinea anzi che le Istituzioni si impegnando “a dare seguito alle raccomandazioni formulate dalla conferenza”, ma rimanendo “nel pieno rispetto delle nostre competenze e dei principi di sussidiarietà e proporzionalità sanciti dai trattati europei”. Per il Parlamento, invece, è già una vittoria il fatto che la revisione dei Trattati non sia esplicitamente esclusa nella dichiarazione. Un dato è che i negoziati a tre durati un anno mostrano ancora una volta le divisioni tra le tre Istituzioni e, ancora più scoraggiante il fatto che si siano divise non tanto sui temi o sui contenuti della Conferenza quanto sulle persone.
La spinta per capire dove andrà in futuro l’Europa dovrà partire dai cittadini. Su questo insiste la presidente von der Leyen. “Vogliamo che siano i cittadini a dirci che idea hanno del futuro dell’Europa”. Fondamentale, come temono in molti, che la Conferenza non resti “nella bolla istituzionale” di Bruxelles, ma arrivi alla “maggioranza silenziosa di tutti i cittadini dell’Ue”.
Soddisfatto di aver rotto lo stallo istituzionale che si era creato anche il premier portoghese, Antonio Costa. Consapevole “che non tutti abbiamo la stessa visione del futuro dell’Europa ma proprio con un dibattito è possibile superare le divisioni”, dice in plenaria all’Europarlamento. Come la tedesca, insiste sul fatto che non può essere “solo la Conferenza delle Istituzioni ma di cosa vogliono i cittadini”.
Crisi sanitaria, ripresa economica post-pandemia e le transizioni verdi e digitali dovrebbero essere tra i temi proposti ai partecipanti. L’esercizio durerà meno di un anno e si concluderà entro la primavera del 2022, incontrando le richieste del presidente francese, Emmanuel Macron, che sarà a capo di turno del Consiglio dell’Ue nel primo semestre del prossimo anno. La pandemia ne ha fatto slittare di un anno la data d’inizio ma allo stesso tempo ha reso ancora più urgente la sua istituzione, evidenziando debolezze e divisioni di un progetto europeo che deve essere ripensato. Il rischio evidenziato da molti, però, è che diventi un mero esercizio di discussione senza risultati concreti. Anche se gli eurodeputati italiani rimangono ottimisti del fatto che possa comunque essere un modo per discutere di revisione dei trattati.
“Per la prima volta le tre Istituzioni si impegnano per dare seguito alle proposte dei cittadini”, sostiene l’ex presidente del Parlamento, Antonio Tajani, a capo della commissione per gli Affari Costituzionali, pur sottolineando che “qualunque proposta dovrà passare per il normale iter legislativo”. Per Tajani il dibattito sul futuro dell’Europa va di pari passo con la battaglia per dare potere di iniziativa all’Europarlamento.
L’iniziativa dovrà “sfociare in qualcosa di concreto”, l’appello dell’eurodeputato di Italia Viva, Nicola Danti, per rendere il processo di dibattito “utile al futuro dell’Europa. Soddisfazione anche del capodelegazione Pd al Parlamento europeo, Brando Benifei, il quale ricorda che tra tutte e tre le Istituzioni, il Parlamento è quello ad aver spinto più di tutti per “una dimensione partecipativa più spinta” e soprattutto che non sia solo discussione fine “a se stessa”.
La Conferenza – dice Benifei – non può essere solo un mero esercizio di partecipazione, ma ci sono secondo lui le potenzialità per avere delle conclusioni che vincolino a una revisione dell’Europa. Convinto che all’Europa serva una riforma di “tipo federale per dare all’Ue più potere dove oggi non ne ha”, primo tra tutti la salute. Evidente la necessità di un ragionamento sulla revisione dei trattati anche per Eleonora Evi, eurodeputata dei Verdi europei, che spera che i lavori non siano nuovamente ostacolati dai “litigi istituzionali” e che l’Ue avrà il coraggio di ulteriori modifiche. Il tira e molla lungo un anno tra Parlamento e Consiglio solo per avviare il lavori mostra quante “fratture ci siano tra le istituzioni”, mette a fuoco il presidente del gruppo di Identità e Democrazia (ID), Marco Zanni, secondo cui l’esercizio acquisterà “senso se non diventa solo un esercizio di propaganda” a cui non potrà mancare una riflessione sugli errori del passato.