Bruxelles – Il meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere sarà una misura esclusivamente climatica, “non è protezionistica ma servirà a garantire integrità ed efficacia alla nostra politica climatica”. Il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, è intervenuto ieri (8 marzo) al dibattito in Parlamento Ue sulla introduzione di una tassa sul carbonio alle frontiere dell’UE per contrastare la pratica della delocalizzazione delle emissioni di CO2.
La plenaria dovrà votare (oggi sugli emendamenti e domani sulla relazione finale) per chiedere alla Commissione di fissare un prezzo sulle emissioni importate nell’Ue “per rafforzare la lotta contro i cambiamenti climatici” ed evitare concorrenza per le imprese europee con i Paesi terzi che hanno regole sul clima e sulle emissioni meno rigide. La plenaria voterà in sostanza per un “meccanismo di adeguamento delle frontiere del carbonio dell’UE – compatibile con l’Organizzazione mondiale del commercio)”, con una proposta di risoluzione a prima firma Yannick Jadot dei Verdi, con cui il Parlamento vuole influenzare la proposta legislativa che la Commissione europea dovrebbe fare a giugno per una nuova tassa sul carbonio alle frontiere.
La decarbonizzazione del Continente è importante nel quadro del Green Deal europeo, “ma non decarbonizzeremo delocalizzando le emissioni di CO2“, dice il relatore per la risoluzione. Nell’atto di indirizzo i deputati sottolineano che il meccanismo dovrebbe essere introdotto solo per attuare gli obiettivi climatici e la parità di condizioni a livello globale e non “essere impiegato come uno strumento utile a rafforzare il protezionismo”.
La Commissione aggiornerà entro l’estate tutta la legislazione climatica dell’Ue e il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere “sarà fondamentale per la crescita verde del Continente ma non sarà una misura protezionistica”, assicura Gentiloni “non vogliamo guadagnare in maniera sleale sugli altri partner terzi”. Ma il punto è che se tutti i Paesi avessero gli stessi standard in materia di clima “non ci sarebbe bisogno di un meccanismo”. Lo strumento è infatti pensato per evitare che i settori più inquinanti dell’industria europea possano delocalizzare la loro produzione o una parte in Paesi dove i vincoli sulle emissioni di gas serra e sull’inquinamento sono meno rigidi, provocando uno svantaggio per le imprese che invece continuano a produrre in Ue.
La norma “non entrerà in vigore immediatamente, prevediamo che entri in vigore entro il 2023, come previsto dall’accordo sulle risorse proprie”, ha precisato il commissario. La tassa sul carbonio alla frontiera è infatti candidata a diventare una delle nuove risorse proprie dell’Unione, le entrate fiscali che Bruxelles vuole introdurre nel quadro dei negoziati su Bilancio e Next Generation Eu. “Stiamo valutando diversi scenari per permettere una transizione graduale dalle attuali misure”, ha aggiunto Gentiloni, spiegando che la Commissione sta pensando a un sistema che rifletta l’attuale Sistema di scambio delle quote di emissioni dell’UE (ETS) anche sul prezzo del carbonio, come richiesto anche dal Parlamento europeo. “Ma ci sono anche altre opzioni sul tavolo”, dice senza anticiparle.
Per il Parlamento si dovrebbe partire già nel 2023 con il settore energetico e i settori industriali ad alta intensità energetica come quelli del cemento, dell’acciaio, dei prodotti chimici e dei fertilizzanti, “che continuano a ricevere consistenti assegnazioni gratuite e rappresentano il 94 per cento delle emissioni industriali dell’Unione”. Gentiloni ha confermato che la Commissione sta già prendendo in considerazione alcuni di questi settori, nell’ottica di fare entrare in azione il meccanismo in maniera graduale. Dovrebbe poi espandersi per includere le importazioni in Europa di tutti i “prodotti e materie prime” coperti dal sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS).
“Il meccanismo di aggiustamento del carbonio ai confini dell’Europa è una misura fondamentale per accelerare la lotta al cambiamento climatico senza penalizzare le nostre industrie”, ricorda Pascal Canfin, presidente della commissione per l’Ambiente. Ma la grande maggioranza ottenuta dalla relazione Jadot in commissione ENVI (58 voti a favore, 8 contrari e 10 astensioni), rischia di vacillare in seduta plenaria a causa dell’incertezza dei voti del Partito popolare europeo. Il relatore ombra del PPE per la commissione Envi, Adam Jarubas, ha sottolineato nel dibattito che il “rapporto è andato un po ‘troppo in là” ed è noto che gran parte del gruppo non condivide l’abolizione delle quote gratuite sul mercato del carbonio a tutela dell’industria europea. I risultati definitivi della votazione sono attesi giovedì.