Bruxelles – Per il Commissario europeo al lavoro e ai diritti sociali Nicolas Schmit le nuove forme di lavoro da remoto a cui le misure anti COVID stanno costringendo vanno accolte adottando uno sguardo “allargato ai diversi aspetti legati a questo grande cambiamento”. Il riferimento del politico lussemburghese, che ha preso la parola durante la Conferenza di alto livello sul futuro del lavoro organizzata dalla Presidenza portoghese del Consiglio UE sul tema del lavoro da remoto, è rivolto al potenziale impatto negativo che si teme con l’avvento delle nuove modalità di lavoro emerse con la pandemia.
Oltre 200 milioni di europei (circa metà della popolazione dell’UE) sono stati costretti nel 2020 a lavorare da casa, una condizione che riguardava prima della pandemia solo il 5 per cento dei lavoratori dell’Unione e che per la Commissione europea rappresenta un’opportunità da cogliere per imprese e lavoratori da rendere però sostenibile nel tempo. Il riferimento del politico lussemburghese è relativo alle evidenze emerse sulle condizioni di lavoro negli ultimi mesi.
“I lavoratori hanno apprezzato la flessibilità apportata dal lavoro a distanza. Questo però non significa che la flessibilità per loro sia più importante della protezione sociale e di condizioni di lavoro sicure”, ha affermato Schmit ponendo l’accento sulla centralità del rispetto dei diritti anche nell’era del lavoro agile. “È necessario che le nuove modalità di lavoro non diventino sinonimo di precarietà. Non ci deve essere nessuna scelta tra condizioni di lavoro dignitose da una parte e flessibilità dall’altra. Sono caratteristiche che devono andare a braccetto”.
Per il Commissario serve evitare che lo spostamento delle mansioni lavorative nelle quattro mura domestiche significhi limitare la propria vita al lavoro. “Abbiamo tutti conosciuto persone il cui bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa è stato offuscato, che hanno subito situazioni di stress e di burnout e che anche in assenza di obblighi formali sono dovute restare reperibili per tutto il tempo. E sappiamo anche di donne che sono state costrette a unire responsabilità di lavoro del 2020 e obblighi familiari degli anni Cinquanta”, ha continuato Schmit riferendosi al carico notevole gravato sulle donne a causa del ricorso massiccio alla didattica a distanza. “È arrivato il momento di applicare i diritti di protezione sociale dei lavoratori a prescindere da dove essi svolgono la loro professione”.
Un primo passo in questa direzione è stato fatto dalla Commissione presentando a inizio marzo un Piano d’Azione nell’ambito del pilastro dei diritti sociali. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Schmit a Bruxelles c’è una certa ansia nel dare seguito alla risoluzione del Parlamento europeo sul diritto alla disconnessione e nel lanciare un nuovo Quadro strategico in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Centrale sarà anche la consultazione rivolta alle parti sociali sulle piattaforme di lavoro digitali, fondamentale a detta dello stesso Schmit per forgiare le nuove regole sociali del mercato occupazionale europeo del futuro. E poi c’è il tema dell’impiego dell’intelligenza artificiale sui luoghi di lavoro per cui si temono nuove forme di controlli avanzati delle prestazioni lavorative. Un altro punto su mantenere alta la guardia dei diritti.
“La crisi ce lo ha dimostrato, la tecnologia evolve velocemente”, ha continuato il membro del collegio. “Il lavoro da remoto è un’opportunità che a lungo era stata vista come un’utopia. Ma se non ci daremo le giuste regole le nuove forme di lavoro potrebbero far piombare i lavoratori in una distopia. La dignità nel lavoro appartiene al modello sociale che gli europei condividono e preservano. Sta a noi far sì che venga rispettata anche in futuro. Le condizioni di lavoro adeguate non possono essere un lusso”.