Roma – Fondamentale per il Paese, prioritario per il governo. Il piano nazionale di ripresa e Resilienza per il nuovo esecutivo Draghi è l’opportunità per far crescere l’economia che, ancora prima della crisi provocata dalla pandemia, aveva tassi inferiori ai nostri partner. E i divari sono interni al Paese, “eterogeneità” le chiama il ministro Daniele Franco, in audizione davanti a sei commissioni congiunte di Camera e Senato. Divari territoriali tra Nord e Sud, tra le generazioni, di genere con differenze di Pil, di occupazione per citare i più evidenti numeri macroeconomici.
Il piano è l’opportunità per superare i gap strutturali della nostra economia, l’impatto arriva a “un incremento del Pil del 3 % a regime (secondo le previsioni del ministero) senza calcolare le riforme”.
“Abbiamo 50 giorni di tempo per definirlo, i tempi sono stretti” spiega Franco, “tutti i ministri da diverse settimane sono impegnati a esaminare il lavoro già avviato”. Piano precedente “che contiene moltissimi elementi di solidità che verranno completati e migliorati”.
Risorse ingenti, il titolare dell’economia ha ricordato che la cifra del PNRR ha già subito una leggera correzione (che riguarda solo la parte prestiti) e da 196 passa a 191,5 miliardi di euro per effetto dell’aggiornamento del reddito nazionale lordo su cui era stata calcolata la distribuzione da parte della Commissione europea. Poi Franco torna anche sui tempi: ci sarà un anticipo come previsto ma le risorse saranno erogate dalla fine dell’estate: dalla scadenza della presentazione dei piani nazionali del 30 aprile, la Commissione ha otto settimane di tempo e poi altre quattro ne avrà il Consiglio europeo.
Il ministro ha spiegato di non voler rispondere alle numerose domande dei parlamentari sui singoli progetti che rimanda ai ministri competenti. Concentra la sua relazione sui criteri, la governance, la necessità di individuare un piano dai contenuti, certamente “ambiziosi ma anche credibili e dettagliati” che comporta per l’Italia un cambio di passo sull’impiego delle risorse sapendo che già su altri fondi dell’Ue il tasso di utilizzo è basso: “Con il PNRR dobbiamo muoverci in tempi molto più rapidi”.
Una linea pragmatica: i tempi strettissimi (2023/2026 per impegnare e spendere) non consentono battute d’arresto e dunque per non perdere risorse bisognerà adottare il criterio della fattibilità dei progetti insieme a tutti gli altri vincoli stabiliti dalla Commissione e dal regolamento adottato recentemente dal Parlamento europeo.
Se non sarà possibile inserire alcuni progetti, ha poi ricordato che oltre al Recovery “ci sono altri strumenti di politica economica” sempre dall’UE che possono essere impiegati e “in una visione unitaria dobbiamo scegliere quelli più adatti per conseguire gli obiettivi”.
Chi decide cosa è uno dei temi che accompagna da subito il tema del Recovery plan, confronto (e più spesso scontro) che ha riguardato anche il precedente governo. Arrivando alla governance che deve essere “robusta e articolata”, conferma il presidio e la supervisione in capo al ministero dell’Economia, controllo che sarà affiancato da una unità di audit indipendente a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea. Ai ministeri sono assegnati compiti di definizione dei progetti per le rispettive competenze, monitoraggio e rispetto delle scadenze da rendicontare alla Commissione europea. Essenziale per Daniele Franco sarà rafforzare le strutture dell’amministrazione dello Stato che in questa prima fase e di attuazione dovranno essere dedicate esclusivamente a questo piano. Un problema immediato di gestione per la pubblica amministrazione “serviranno delle soluzioni in tempi brevi, delle assunzioni coerenti anche con il medio termine”.
Intorno a questo punto sono giunte da senatori e deputati molte richieste di chiarimento sul coinvolgimento della società di consulenza McKinsey che ha sollevato numerose polemiche. “Nessuna struttura privata prende decisioni o ha informazioni privilegiate – ha spiegato il ministro dell’Economia – questi soggetti esterni offrono solo un supporto tecnico che riguarda la produzione di cronoprogrammi, gli aspetti metodologici e editoriali e non prevedono nessuna intromissione nelle scelte. Del resto l’importo (25 mila euro n.d.r.) è coerente con un lavoro di questo tipo”.
A conferma che nel Parlamento nazionale il piano di ripresa sia elemento cardine di queste settimane, sempre in giornata si è svolto un secondo round con il sottosegretario per gli Affari europei Enzo Amendola. Ospite ormai consueto delle Commissioni ha sostenuto la necessità del contributo parlamentare, pur in un contesto di tempi molto stretti. Un tema su cui era stato incalzato anche il ministro dell’Economia e che Amendola ha ripreso, facendosi garante dell’impegno del governo. “La condivisione è una necessità, è la forza di questo piano e non può essere solo nel perimetro della maggioranza”. Un dialogo che vale per il Parlamento così come per gli altri organismi territoriali. Fare squadra a livello nazionale significa coinvolgere tutti, per questo “ho convocato la cabina di regia di tutti i gruppi dei partiti italiani rappresentati al Parlamento europeo di maggioranza e opposizione”.
Naturalmente poi “per rispondere efficacemente alla pandemia le risorse devono essere utilizzate prima possibile” dice il sottosegretario, spiegando la necessità della governance e di una struttura decisionale con i poteri che permettano il rispetto dei tempi e l’assorbimento di tutte le risorse, “un aspetto in cui la velocità è fondamentale”.