Di Alessia Saracino
Come evidenziano i nuovi dati disponibili dell’UE, le domande di asilo presentate nei primi 10 mesi del 2020 sono state il 33% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, così come il numero di richieste di asilo pendenti in arretrato, che risulta essere in diminuzione. Inoltre, si è registrato il più basso numero di attraversamenti irregolari delle frontiere degli ultimi 6 anni, un calo dovuto soprattutto ai pochi arrivi dalla Turchia verso la Grecia. Tuttavia, in Italia e a Malta, vi sono stati 34.100 arrivi irregolari nel 2020, rispetto ai quasi 11.500 del 2019.
È interessante la dichiarazione di Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione europea responsabile della Promozione dello stile di vita europeo: “Il concetto di solidarietà ha assunto un significato del tutto nuovo nelle azioni senza precedenti intraprese dall’UE per gestire la pandemia di COVID-19. Quella stessa solidarietà deve essere ora trasferita anche nel settore della gestione della migrazione. […] è giunto il momento di trovare un accordo in merito alle nostre proposte per una politica europea in materia di migrazione e asilo”.
Difatti, a settembre 2020, la Commissione europea ha presentato il Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo: “Procedure più efficienti garantiranno responsabilità più chiare, contribuendo a ripristinare la fiducia tra gli Stati membri e fornendo nel contempo chiarezza ai richiedenti. Le norme miglioreranno il legame tra i processi chiave, in particolare l’asilo e il rimpatrio”. Tra le opzioni di uno Stato membro rientra la “sponsorizzazione del rimpatrio”: gli Stati che non vorranno accogliere i migranti dovranno aiutare i paesi frontalieri nel rimpatrio, facendosi carico della procedura.
In realtà, “Il Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, […] non sembra affatto “un nuovo inizio”, come lo ha definito la Commissione Europea nel presentarlo, ma rischia di alimentare il modello dei grandi centri di accoglienza soprattutto nei Paesi chiamati a controllare le frontiere esterne dell’Unione Europea”, così come viene riportato in un articolo de “La Repubblica” di dicembre 2020.
Uno studio dello scorso settembre, condotto da “Medici per i Diritti Umani”, ha rilevato che “vivere in un grande centro di accoglienza (come il centro di accoglienza per richiedenti asilo situato di Mineo, in Sicilia, che ospitava oltre 1.000 persone), piuttosto che in centri di piccole e medie dimensioni […], ha contribuito alla comparsa di un quadro clinico della sindrome post traumatica di particolare gravità”. Stiamo parlando, quindi, di traumi simili a quelli che i migranti hanno subito nei luoghi da cui adesso fuggono.
Per cui sorge spontanea la domanda: alla base di questo “Nuovo patto”, vi è la solidarietà di cui ha parlato Schinas, oppure si tratta di un nuovo metodo per spingere verso il rimpatrio?