Bruxelles – L’Unione Europea va troppo lenta sulla produzione e autorizzazione dei vaccini anti-Covid e diversi Stati membri mostrano ormai sempre più insofferenza verso la strategia comune di Bruxelles per l’approvvigionamento. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha ufficializzato questa mattina l’intenzione di costruire un’alleanza parallela con Danimarca e Israele “per lavorare a stretto contatto nella ricerca e produzione di vaccini”, essenzialmente quelli di seconda generazione per contrastare le nuove varianti del virus. Kurz e la prima ministra danese Mette Frederiksen sono attesi in Israele giovedì per vedere da vicino il rapido lancio del vaccino israeliano, sostiene Reuters.
“Sono lieto che von der Leyen (la presidente della Commissione Europea, ndr) abbia preso così presto l’iniziativa di procurarsi il vaccino per l’UE”, scrive Kurz su Twitter come a volersi giustificare della decisione. “Ma dobbiamo guardare avanti alle nuove mutazioni del virus”. Di fatto Kurz chiarisce che non intente violare la strategia comune europea, ma la nuova partnership con Danimarca e Israele guarda al futuro, e riguarderà la produzione di vaccini cosiddetti di seconda generazione, quelli destinati a fronteggiare le nuove mutazioni del virus.
Ich bin froh, dass @vonderleyen so früh die Initiative ergriffen hat zur Beschaffung von Impfstoff für die #EU. Wir müssen uns aber jetzt schon rechtzeitig auf weitere gefährliche #COVID19 Mutationen vorbereiten.
— Sebastian Kurz (@sebastiankurz) March 2, 2021
Sebbene parallela a quella europea, l’iniziativa non è considerata in contrasto con l’approccio unitario della Commissione nemmeno dallo stesso Esecutivo comunitario. Il contratto firmato da Bruxelles e dagli Stati prevede che i Paesi non possano stringere accordi separati e paralleli per dosi ulteriori di vaccini con gli stessi produttori con cui negozia la Commissione Europea per loro conto. Fuori da questo obbligo gli Stati possono muoversi in autonomia e se la produzione separata riguarderà solo lo sviluppo di nuovi vaccini allora l’Ue non ha mezzi legali per prendersela con gli Stati membri. È un fatto, però, che con un’iniziativa separata Austria e Danimarca mostrano ancora una volta di non essere soddisfatti della strategia vaccinale promossa dalla Commissione per conto dei suoi Stati. “È sempre utile imparare dalla buone pratiche degli altri”, sottolineano i portavoce dell’Esecutivo al briefing odierno con la stampa cercando di minimizzare l’accaduto. La Commissione è pronta a imparare se ci fossero cose da imparare sulla produzione di nuovi vaccini”, hanno aggiunto.
Per il leader austriaco, l’EMA – l’Agenzia europea per i medicinali che deve raccomandare alla Commissione l’immissione in commercio del farmaco – “è troppo lenta nell’approvare i vaccini. Dobbiamo quindi prepararci per ulteriori mutazioni e non dovremmo più dipendere esclusivamente dall’UE per la produzione di vaccini di seconda generazione”, ha precisato il cancelliere. Oggi è previsto un incontro di Kurz con i rappresentanti delle principali società farmaceutiche nazionali (ad esempio Pfizer, Novartis, Polymun o Böhringer Ingelheim), nonché scienziati e professionisti medici.
Nonostante i tentativi delle Istituzioni di accelerare il processo, EMA ha autorizzato tre vaccini (BioNTech-Pfizer, Moderna, AstraZeneca) e auspicabilmente un quarto dovrebbe arrivare l’11 marzo della farmaceutica Johnson e Johnson, che dovrebbe consentire all’Unione di andare più veloce con la vaccinazione anche considerato che a differenza dei primi tre prevede una sola somministrazione. Il brusco taglio delle consegne annunciato da AstraZeneca alla fine di gennaio ha significato un rallentamento delle campagne vaccinali negli Stati membri, che sono ancora piuttosto indietro rispetto ad altri Paesi occidentali.
La premier danese si è mostrata invece molto più cauta, dicendo che i colloqui con Israele non significano “una mancanza di fiducia nell’UE”, ma ha anche incalzato Bruxelles a “fare tutto il possibile per aumentare la produzione di vaccini”. La decisione di Austria e Danimarca di sfilarsi dal fronte comune Ue sui vaccini è solo l’ultima in ordine di tempo. L’Ungheria sta già utilizzando nella sua campagna di vaccinazione anche il russo Sputnik V e il cinese Sinopharm (con cui lo stesso premier Viktor Orban si è vaccinato domenica scorsa), nessuno dei quali è stato approvato dall’Agenzia europea per il farmaco (EMA) e non è detto che lo saranno. Anche la Slovacchia ha ricevuto ieri 2 milioni di dosi del vaccino russo, mentre Polonia e Repubblica Ceca stanno rispettivamente negoziando con Cina e Russia per i loro vaccini fuori dal piano europeo.