Bruxelles – Continua a diffondersi in Europa una forma altamente contagiosa e mortale di influenza aviaria tra pollame e uccelli selvatici e domestici. Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) tra l’8 dicembre 2020 e il 23 febbraio 2021 sono stati rilevati 1.022 casi in 25 Stati membri Ue e Regno Unito. La maggior parte dei focolai – 592 – riguardano gli allevamenti di pollame, il resto diviso tra uccelli selvatici e in cattività. A novembre l’Agenzia europea aveva segnalato più di 300 casi – principalmente tra gli uccelli selvatici – concentrati solo in Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito.
Sebbene metta in guardia sul rischio di ulteriore diffusione in Europa a causa della “continua presenza del virus in uccelli selvatici e ambiente”, per quanto riguarda la contaminazione dagli animali all’uomo l’EFSA ritiene che il rischio di infezione rimanga “molto basso”. Non esclude però che possano emergere nuovi ceppi con un potenziale maggiore di infettività tra gli esseri umani. Nei giorni scorsi, in Russia sono stati segnalati nell’uomo sette casi di infezione da virus con sintomi lievi o nulli, tra addetti del settore pollame. Ma nonostante questo il rischio per la popolazione europea e per i casi umani importati legati ai viaggi è valutato “come molto basso” dall’EFSA, così come anche il rischio per le persone esposte a causa del lavoro. Il virus può essere trasmesso dagli uccelli all’uomo ma non può essere trasmesso da un essere umano a un altro.
Già a novembre l’EFSA aveva messo in guardia che l’influenza aviaria ad alta patogenicità avrebbe potuto diffondersi rapidamente all’Europa occidentale per la diffusione dei focolai che l’estate scorsa hanno interessato uccelli selvatici e pollame nella Russia occidentale e in Kazakistan. La zona è caratterizzata per essere una rotta di migrazione autunnale degli uccelli acquatici selvatici che vi transitano diretti in Europa. Nell’arco di tempo preso in considerazione dallo studio, tra dicembre e febbraio, la Francia da sola ha registrato quasi 450 focolai totali tra i poco più di mille dell’Europa, principalmente diffusi tra le anatre allevate per la produzione di foie gras. L’agenzia spiega questo alto dato in relazione al sistema produttivo regionale, che prevede una “alta densità” di allevamenti, con fasce all’aperto, e frequenti spostamenti di animali vivi destinati all’ingrasso.