Bruxelles – Si sente parlare quasi ogni giorno di Next Generation EU, Recovery Plan e piani di ripresa e resilienza. Quasi mai, però, di armonizzazione dei piani nazionali e delle implicazioni per il Mercato interno dell’Unione Europea: “Ma questo è un nesso molto importante, di importanza vitale per futuro dell’Unione”. Si può riassumere così lo Smart Event Recovery fund e Mercato interno: come garantire l’armonizzazione e l’interoperabilità degli interventi dei piani nazionali? (organizzato oggi da Eunews), con le parole di Antonia Carparelli, consigliera per la governance economica della rappresentanza della Commissione UE in Italia e componente della Recovery and Resilience task force.
“Il Mercato interno richiede ancora molti sforzi collettivi e il più grande ostacolo potrebbe diventare la divergenza tra i piani nazionali dei Paesi membri“, ha spiegato Carparelli. “Per questo motivo bisogna affrontare le asimmetrie strutturali tra Stati e armonizzare il quadro europeo”. Nel piano di investimenti Next Generation UE, pensato per rilanciare l’economia europea dopo la crisi COVID-19, dovrà assumere un ruolo centrale l’aspetto delle sinergie e della cooperazione trans-frontialiera. “È tempo di affrontare questo discorso, anche in nome dell’autonomia strategica dell’Unione“.
Mercato interno e investimenti
Le considerazioni della consigliera per la governance economica della rappresentanza della Commissione UE partono dall’eccezionalità del momento storico in cui stiamo vivendo: “Nonostante il contesto sia diverso, il paragone con la ricostruzione post-bellica è tutt’altro che fuori luogo“. Come nel dopoguerra dovremo affrontare una riconversione produttiva, “ma nel nostro Piano Marshall al centro ci sono la transizione digitale e verde”. La ricetta del successo è solo una: “La capacità di accelerare in modo inedito sull’integrazione del Mercato interno“, ha ribadito il concetto Carparelli.
Nel progetto di Bruxelles per rilanciare sia l’economia che le ambizioni di competitività dell’intera Unione, il posto centrale è occupato dal programma di investimenti. “La Commissione si è posta l’obiettivo di colmare il gap digitale e porre l’economia europea all’avanguardia per quanto riguarda le industrie trainanti di questa nuova fase”, ha spiegato ancora Carparelli. “Gli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050 e di sviluppo del Mercato interno digitale lo dimostrano”.
Se il Next Generation EU è “disegnato per realizzare questi obiettivi”, non bisogna dimenticare che i singoli piani nazionali dovranno essere coerenti con il regolamento UE, che prevede sei grandi aree di investimento: transizione verde, transizione digitale, crescita e occupazione, salute e resilienza economico-sociale, coesione sociale e territoriale, e politiche per le nuove generazioni. “Si tratta di un meccanismo di coordinamento più stringente rispetto al passato, per rafforzare il Mercato interno e perseguire gli obiettivi comunitari”.
Anche attraverso le sette iniziative-faro (flagship) della Commissione Europea, la nuova parola d’ordine è diventata “autonomia europea nei settori strategici“, ha concluso la consigliera della rappresentanza della Commissione UE. “È un invito a tutti gli Stati membri a investire in tecnologie pulite e rinnovabili, nella mobilità intelligente, nella banda larga per tutti e nello sviluppo di servizi cloud e processori potenti”.
Laura Piovesan, direttrice Innovazione e competitività della Banca Europea per gli Investimenti (BEI), ha confermato l’importanza di questo genere di investimenti per la ricostruzione, avvertendo però che “serve un ecosistema favorevole, in cui le barriere siano rimosse“. Gli ostacoli potenziali sono quattro: la frammentazione tra confini nazionali (“per questo è importante arrivare a una coerenza di Mercato interno”), una regolamentazione “incerta e frammentata”, il “difficile coordinamento” tra diversi enti pubblici e “l’incerta disponibilità” di lavoratori qualificati. “Dobbiamo agire in modo veloce e coordinato, ma senza compromettere la qualità del progetto“.
Il Recovery Fund pone sfide importanti, ha poi ricordato Piovesan: “L’allocazione di fondi deve essere fatta in tempi stretti, con un occhio di riguardo per il monitoraggio e la rendicontazione“. Questo discorso vale in particolare per l’Italia, “che rimane la prima beneficiaria dell’intervento della BEI, come hanno dimostrato i 12 miliardi tra prestiti e garanzie nel 2020”.
Le prospettive europee e nazionali
Scendendo sul piano nazionale italiano, Piero De Luca, capogruppo del Partito Democratico alla commissione della Camera per le Politiche UE, ha ricordato che “c’è bisogno di intervenire in quei territori che hanno ritardi“, come nel caso del Mezzogiorno, per fare in modo che “questa crisi non aggravi ancora di più la situazione”. Se l’UE “ha fatto la sua parte”, ora tocca al governo italiano mettere in campo “progetti di investimento e riforme strutturali che ci consentano di stare al passo con gli altri Paesi europei”.
Parlando nello specifico del Sud Italia, il deputato in quota PD l’ha definito “il luogo in cui bisogna investire in modo più intelligente”. Questo significa che “non si dovrà puntare su micro-interventi a pioggia o sullo stile del ponte sullo stretto di Messina“, ma dovranno essere investimenti che garantiscano la crescita per il futuro. “In questo modo creeremo occupazione nel Mezzogiorno, affrontando il tasso di disoccupazione giovanile e femminile tra i più alti d’Europa, e sosterremo gli investimenti privati”. Il punto focale sarà quello di “mettere a terra gli investimenti con una rendicontazione trasparente“, perché “i ritardi nella spesa dei fondi europei non sono più tollerabili”. Per De Luca questa “è un’occasione unica, forse l’ultima che abbiamo davanti, per ricostruire l’Italia in modo più equo e più giusto”.
Ma è compito anche della politica europea quello di coordinare gli sforzi verso l’armonizzazione dei piani nazionali. “Nessuno può negare la storicità della creazione di debito comune, ma il regolamento del Recovery Fund ha criticità che speriamo di migliorare“, ha avvertito Anna Bonfrisco, eurodeputata in quota Lega e membro della commissione del Parlamento UE per i bilanci. Nello specifico, “la transizione ecologica ha diversi gradi di adesione, perché dobbiamo ancora dimostrare che con il nuovo modello di produzione riusciremo a migliorare il benessere dell’Europa“.
Fondamentali in questo senso sono le sei catene del valore strategico dell’UE, “che sostengono infrastrutture che ancora non ci sono”, ha ricordato Bonfrisco. “Potremo giocare la partita dell’autonomia strategica sulla banda larga e la tecnologia 6G“, solo se “saremo in grado di essere produttori delle componenti cruciali”, come invece – facendo un parallelismo – “purtroppo non abbiamo saputo fare con le mascherine e i dispositivi sanitari all’inizio della pandemia”. In questo senso “autonomia significa riappropriarci della produzione industriale, guardando alla sostenibilità che salverà tutta l’Unione, non solo due o tre Paesi“.