Bruxelles – La Politica agricola comune non è il giusto quadro giuridico per attuare i diritti sociali e dei lavoratori o per sanzionare violazioni. Lo sottoscrive in un documento una delegazione di 13 Stati membri guidati dall’Austria (Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Finlandia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Malta, Romania e Slovacchia) che si scaglia contro la proposta di inserire il tema della condizionalità sociale nei negoziati in corso sulla nuova PAC, che dovrebbe entrare in vigore nel 2023.
Condizionalità sociale significa introdurre un vincolo tra uso dei fondi europei e rispetto dei diritti dei lavoratori del settore agricolo. Gli Stati sostengono che ci siano troppe differenze tra gli Stati membri in materia di tutela dei diritti dei lavoratori e questo “potrebbe portare a riduzioni o sospensioni dei pagamenti sulla base di diversi livelli di diritti sociali e del lavoro” e porterebbe di conseguenza “a una distorsione della concorrenza”. Inoltre, i tredici Stati sottolineano l’onere amministrativo che una condizionalità sociale comporterebbe, andando a complicare il sistema di controllo e di sanzioni.
“L’introduzione di una disposizione così fondamentale senza alcuna valutazione d’impatto non corrisponde alle norme legislative comuni”, ammoniscono gli Stati chiedendo di limitarsi alla sola condizionalità climatica e ambientale prevista dai negoziati. Tra i vari punti di novità della riforma in corso di negoziato a Bruxelles, anche il fatto che i sussidi diretti agli agricoltori (Primo pilastro) saranno ora condizionati al rispetto delle norme ambientali, della salute pubblica e del benessere degli animali, in sostanza per allinearsi con gli obiettivi di sostenibilità del Green Deal europeo. Nei negoziati a tre, soprattutto il Parlamento europeo sta spingendo perché i pagamenti diretti della PAC siano subordinati anche al rispetto delle condizioni di lavoro, e la condizionalità dovrebbe coprire varie aree come la parità di trattamento, la retribuzione, l’orario di lavoro, salute e sicurezza, alloggio, parità di genere, sicurezza sociale e condizioni eque per tutti i lavoratori impiegati in agricoltura, compresi i lavoratori stagionali e i migranti.
Per i tredici firmatari è troppo presto per fare una proposta del genere e nel documento formulano una controproposta, con un “approccio in due fasi”: l’introduzione di una componente sociale ai servizi di consulenza agricola, per poi valutare i risultati dopo tre anni, per determinare se sono necessarie ulteriori azioni per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori. Il documento è datato 23 febbraio ed è stato diffuso in vista della riunione del Consiglio speciale per l’Agricoltura che si terrà lunedì primo marzo proprio sulla riforma.