Bruxelles – Nessuna sorpresa dalla commissione giuridica del Parlamento Europeo (JURI). Con il voto di ieri (martedì 23 febbraio) è arrivata la raccomandazione di revocare l’immunità parlamentare all’ex-presidente della Generalitat de Catalunya, Carles Puigdemont, e ai suoi ex-ministri Antoni Comín e Clara Ponsatí: 15 voti a favore, 8 contrari e 2 astensioni. La proposta sarà ora portata in sessione plenaria del Parlamento UE, dove i 705 eurodeputati dovranno prendere la decisione definiva, presumibilmente l’8 marzo con votazione segreta.
Alla vigilia del voto in commissione giuridica, l’esito era già scontato: le tre grandi famiglie politiche europee (popolari, socialdemocratici e liberali) con il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR) sostengono la revoca dell’immunità e in commissione rappresentano una maggioranza di circa il 70 per cento. In attesa della decisione degli eurodeputati sul ritiro della protezione di cui hanno goduto i tre colleghi dopo le elezioni del 2019, gli ambienti della sinistra radicale e catalani devono sperare in risultato che ribalti completamente le previsioni.
Se a marzo sarà revocata l’immunità parlamentare, il processo contro Puigdemont e Comín verrà riattivato dalla giustizia belga, incaricata di decidere se accettare o respingere la richiesta di estradizione della Corte suprema spagnola per indagare e giudicare il loro coinvolgimento nel processo di indipendenza catalana. Il caso dell’europarlamentare Ponsatí dovrà essere invece trattato dalla Scozia, dove si è stabilita dopo la fuga nel 2017.
La posizione di Puigdemont
Nella conferenza stampa di questa mattina a Bruxelles, l’ex-presidente Puigdemont ha denunciato con forza la decisione della commissione JURI: “Non sono sorpreso, ma scandalizzato”, ha esordito. “Questo è un processo politico, che si sta celebrando tra immense irregolarità e conflitti di interesse: il presidente e un vicepresidente sono spagnoli [rispettivamente Adrián Vázquez Lázara, di Renew Europe, e Iban García del Blanco, di S&D, ndr]” che, secondo l’accusa di Puigdemont, “hanno fatto pressioni sugli altri colleghi”. Quello di ieri “è stato un giorno nero per la democrazia e le istituzioni europee“.
L’ex-presidente della Generalitat de Catalunya ha alzato ancora di più l’asticella, avvertendo che “questa non è una richiesta di revocare l’immunità, ma di imprigionamento“. A marzo gli eurodeputati “voteranno per decidere se andremo in prigione, perché “il Parlamento Europeo è ostaggio di un’ossessione autoritaria del governo spagnolo per quello che rappresentiamo” e proprio per questo motivo “in Spagna non avremo la possibilità di avere un giusto processo”. La frecciata è stata chiara: “Se stessimo parlando della Russia, sarebbe sicuramente uno scandalo“.
Puigdemont ha fatto leva sulla protezione delle minoranze e sul rispetto dei diritti umani come compiti dell’UE: “Se il Parlamento Europeo andrà avanti, indebolirà la sua credibilità democratica. Ogni volta che un’istituzione europea viene meno al suo mandato, tradisce i suoi valori fondanti”, ha dichiarato. Secondo gli indipendentisti catalani, il pericolo è che “se ora viene revocata l’immunità di rappresentanti europei di una minoranza in Spagna”, lo stesso potrà accadere “in futuro anche in altri Paesi in Europa, dove le minoranze sono o saranno perseguitate“, ha espresso la sua preoccupazione Puigdemont.
Rimane ora da aspettare il risultato della votazione in plenaria fra poco meno di due settimane. “Non abbiamo mai dato nessuna battaglia per persa“, ha rivendicato con una punta di orgoglio l’ex-presidente Puigdemont, “neanche quella al Parlamento Europeo”. I tre eurodeputati hanno “ancora fiducia nei nostri colleghi eurodeputati“, ha aggiunto Puigdemont. “Non ci aspettiamo nulla dai gruppi politici in generale, ci appelliamo alla sensibilità dei singoli eurodeputati sul rispetto dei diritti umani e sulla dignità delle istituzioni europee”. Con un’ultima battuta che non sa affatto di resa: “Comunque vada, la battaglia continuerà, anche se dovesse arrivare la revoca dell’immunità parlamentare”.
Il caso Puigdemont
Il rapporto della commissione giuridica è stato preparato dal conservatore bulgaro Angel Dzhambazki (ECR) ed esclude la protezione dell’immunità parlamentare perché i leader dell’indipendenza catalana l’hanno rivendicata per gli eventi del 2017, due anni prima della loro elezione come membri del Parlamento UE.
Dal 30 ottobre 2017 Puigdemont ha lasciato la Spagna ed è espatriato in Belgio “in esilio volontario”, per sfuggire alle accuse della Procura Generale per l’organizzazione del referendum per l’indipendenza catalana il primo ottobre dello stesso anno. Le autorità di Madrid hanno emesso un mandato di cattura spagnolo e due mandati di cattura europei (uno ritirato il 5 dicembre 2017 e uno annullato il 19 luglio 2018) nei suoi confronti e contro gli altri ex-ministri e consiglieri che si sono sottratti alla giustizia spagnola per i reati di ribellione, sedizione e appropriazione indebita di denaro.
Alle ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento UE, il 26 maggio 2019 Puigdemont è stato eletto come eurodeputato insieme a Antoni Comín, ex-ministro della Salute, e Clara Ponsatí, ex-ministra dell’Istruzione. La situazione dei tre europarlamentari è rimasta giuridicamente incerta per mesi, dal momento in cui recarsi a Madrid per giurare avrebbe significato consegnarsi alle autorità spagnole. Il 19 dicembre 2019 una sentenza della Corte di Giustizia dell’UE ha certificato che l’ex-presidente catalano era eurodeputato a tutti gli effetti.
Lo scorso anno Madrid ha chiesto a Bruxelles di privarli della loro immunità. La pandemia COVID-19 ha ritardato la decisione da parte della commissione giuridica, impossibilitata a votare di persona a porte chiuse (come previsto dai regolamenti UE) perché coinvolgono i diritti fondamentali. I lavori sono stati riattivati nell’autunno scorso su insistenza del presidente della commissione Vázquez Lázara e con l’intervento dei servizi legali del Parlamento UE, che in via eccezionale ha dato il consenso a proseguirli in parte in videoconferenza.