Roma – La vita scolastica di ogni studente viene scandita da uno schema – chiamato sistema educativo – fatto di diversi livelli di istruzione che si susseguono nel corso degli anni, dall’asilo al dottorato di ricerca. Ogni Stato europeo ha il proprio sistema educativo e, anche se essi spesso sono molto simili tra loro, il riconoscimento di titoli e diplomi tra un Paese e l’altro può rivelarsi molto complicato.
Col passare degli anni e con l’istruzione che diventa sempre più globalizzata, un sistema fatto di decine di diverse strutture che non si riconoscono reciprocamente è diventato un problema reale. Per questo motivo le istituzioni europee, e non solo, hanno cercato e tuttora sono alla ricerca di soluzioni per armonizzare i sistemi educativi.
I sistemi educativi in Europa
Uno studio condotto dalla Commissione europea nel 2018 ha messo a confronto i sistemi educativi degli allora 38 Paesi che prendevano parte al progetto Erasmus+. Al di là delle differenze minime, che riguardano principalmente l’età in cui uno studente accede a un determinato livello di istruzione, i sistemi educativi adottati in Europa possono essere suddivisi in tre modelli:
- l’istruzione in una singola struttura, ovvero quei sistemi in cui non esiste una transizione tra l’istruzione primaria (scuole elementari) e quella secondaria di primo grado (scuole medie);
- programma a indirizzo comune, in cui in seguito al completamento del ciclo di istruzione primaria si prevede un ciclo di istruzione secondaria di primo grado che segue lo stesso indirizzo generico del ciclo precedente;
- sistema differenziato, nel quale già per l’istruzione secondaria di primo grado sono previsti indirizzi differenziati in base alla volontà e alle competenze dell’alunno.
Di questi tre modelli, quello a una singola struttura è utilizzato principalmente nei Paesi dei Balcani e quelli nordici, mentre quello a indirizzo comune è una prerogativa dei Paesi mediterranei (Italia inclusa) ma anche Regno Unito e Irlanda. La struttura differenziata è invece adottata da Austria, Germania, Paesi Bassi e Svizzera.
L’istruzione universitaria globalizzata e le sue problematiche
Per quanto riguarda l’istruzione primaria e secondaria, la disarmonia dei sistemi scolastici non sembra, almeno per il momento, dare troppi problemi. Per questo motivo non si è ancora cercato di organizzare tali modelli in modo più organico.
Non si può dire lo stesso per l’istruzione terziaria. Fin dalla fondazione del programma Erasmus, nel 1987, si è cercato di dare agli studi universitari un’impronta transnazionale, incentivando sempre di più un periodo di studio all’estero per l’accrescimento personale e professionale dello studente.
Nel corso degli anni, a una sempre maggiore mobilità degli studenti si accompagnava la necessità di rendere le università europee più simili tra loro, per facilitare l’iter burocratico che caratterizzava, e tuttora caratterizza, i momenti precedenti e successivi al periodo di studio all’estero. Da questi presupposti, alcuni Paesi alla fine degli anni Novanta hanno iniziato a confrontarsi con lo scopo di avviare un processo di armonizzazione degli studi universitari.
Il Processo di Bologna
Il tema fu ufficialmente introdotto nella Dichiarazione della Sorbona del 1998, firmata dai ministri dell’Università di Francia, Germania, Regno Unito e Italia. Nel testo venivano già gettate le basi per la costruzione dello Spazio europeo dell’istruzione superiore. Ma il documento di riferimento fu adottato l’anno successivo con la Dichiarazione di Bologna, che sanciva l’avvio di un processo intergovernativo di cooperazione tra Stati con lo scopo di avere i sistemi di istruzione terziaria almeno compatibili tra di loro.
L’obiettivo principale che i Paesi firmatari si prefiggevano con la dichiarazione di Bologna era di creare lo Spazio europeo dell’istruzione superiore entro il 2010, ponendosi come priorità quella di rendere compatibili i titoli universitari. I Paesi decisero di introdurre un sistema basato su due cicli: il bachelor (laurea triennale) e il master (laurea magistrale). Al primo e al secondo livello, nel 2003, se ne aggiunse un terzo, il dottorato di ricerca.
Il Processo conteneva anche obiettivi riguardanti altri aspetti, come l’accrescimento della dimensione sociale dell’istruzione e la costruzione di un sistema che favorisse l’armonizzazione dei titoli rilasciati, anche attraverso l’adozione di un sistema unico di crediti universitari. Infine, la Dichiarazione di Bologna poneva l’accento anche sulla necessità di incentivare la mobilità degli studenti e di migliorare la qualità dell’offerta formativa per rendere le università europee più competitive, anche a livello internazionale.
Il Processo di Bologna è un’iniziativa che coinvolge tutti i Paesi dell’area geografica europea. Dal 1999 ad oggi, hanno aderito alla Dichiarazione ben 48 Paesi; l’ultimo che è entrato a farne parte è la Bielorussia, nel 2015. Ogni due o tre anni vengono organizzate delle conferenze a cui partecipano i ministri competenti di tutti gli Stati che hanno preso parte al progetto. Durante questi incontri si discute dei progressi fatti e si fissano i nuovi obiettivi. Il Bologna follow-up group è l’organo esecutivo del Processo di Bologna e si occupa di organizzare le Conferenze interministeriali e seguire i progressi del progetto costantemente.
(Approfondimento a cura de Lo Spiegone. Vai sul loro sito per leggere tutto il testo)