Roma – Le adesioni al governo istituzionale avevano già scardinato alcuni equilibri tra le forze politiche ma, a poche ore dalla prima fiducia al Senato, cominciano a vedersi anche i primi effetti dirompenti. Nel Movimento 5 Stelle i 15 senatori dissidenti che ieri hanno votato no a Draghi saranno espulsi.
L’annuncio è stato dato dal capo politico protempore Vito Crimi: “Sono venuti meno all’impegno del portavoce del Movimento che deve rispettare le indicazioni di voto provenienti dagli iscritti e si collocano nei fatti all’opposizione”. Crimi ha così chiesto al capogruppo di “comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo”.
Probabilmente oggi alla Camera si conteranno altri contrari (forse una decina) uno strappo su cui aleggia la scissione anche se in entrambi i casi sarà difficile costituire dei gruppi autonomi. Dopo l’addio al Movimento di Alessandro Di Battista, le defezioni di ieri sono state comunque pesanti: i nomi di Nicola Morra (presidente della commissione antimafia) e Barbara Lezzi, potrebbero avere effetti più significativi fuori dalle aule parlamentari.
Sul fronte del PD sta facendo discutere l’annuncio del capogruppo al Senato Andrea Marcucci di voler costituire un inter gruppo con M5S e LeU, nucleo di centrosinistra che sosteneva la maggioranza Conte. L’iniziativa sembra che abbia sorpreso i vertici del Nazareno che ne erano all’oscuro e che ne avrebbero subito smorzato il significato. Anche alla Camera la reazione è stata fredda: “Un coordinamento con gli altri capigruppo Crippa e Fornaro c’è già” ha spiegato Graziano Delrio durante la riunione convocata prima del voto di fiducia.