Roma – “Questo è un governo del Paese e non ha bisogno di aggettivi per definirlo”, anche se, più avanti nel discorso, sottolinea che il suo esecutivo è “europeista e atlantista”. Il presidente del Consiglio Mario Draghi comincia così il suo intervento al Senato e conclude con la necessità di lavorare tutti insieme: “L’unità non è un’opzione ma un dovere, guidato da ciò che ci unisce tutti, l’amore per l’Italia”. Il metodo è essenziale, prima ancora su cosa fare a cominciare dalla responsabilità nazionale principale: “Combattere con ogni mezzo la pandemia e salvaguardare la vita dei cittadini e tutti coloro che soffrono per la crisi economica che ha generato”.
Nei 50 minuti di intervento al Senato, prima giornata della fiducia in Parlamento, il richiamo all’unità è pronunciato più volte. Con il Paese ferito i partiti sono chiamati a uno sforzo, in “un perimetro inconsueto di collaborazione, senza rivalità e pregiudizi”. Un governo nato dal fallimento della politica? “Non sono d’accordo – dice Draghi citando Cavour – nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità ma uno in avanti nel rispondere alle necessità del Paese”. E’ questo “lo spirito repubblicano di un governo che nasce in una situazione di emergenza”.
Una lunga premessa prima di affrontare i singoli temi legati sempre da alcuni cardini: lo sguardo al futuro, alle giovani generazioni, al pianeta, sintesi del programma europeo Next Generation Eu. Un ampio orizzonte con i piedi piantati a terra: “faremo le riforme ma insieme affronteremo l’emergenza, non c’è un prima e un dopo”. Gli ancoraggi sono alla famiglia europea, all’Alleanza atlantica, alle Nazioni unite nel solco delle grandi e democrazie occidentali. Principi che per il premier segnano un percorso chiaro: “Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune”. Un netto e preciso ruolo, nessun’ambiguità in una famiglia dove “gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei cittadini” ma quando e necessario “cedono sovranità nazionale per acquistare una sovranità condivisa”. Un ragionamento che si chiude con la consapevolezza che “senza l’Italia non c’è l’Europa, ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia”.
Il nuovo capo del governo si sofferma lungamente sullo stato del Paese durante la pandemia, mettendo in chiaro le difficoltà e le necessità immediate. Tra le priorità per ripartire c’è l’urgenza di una campagna vaccinale rapida ed efficiente “mobilitando tutte le risorse disponibili, forze armate, volontari, protezione civile” e “non solo in luoghi specifici ma rendendo disponibili tutte le strutture pubbliche e private”. Riformare la sanità, ridisegnare la struttura territoriale, “realizzando una forte rete di servizi di base”. Nel ricordare l’impatto pesante della crisi economica generata dalla diffusione del virus, si è soffermato sulla perdita dell’occupazione di giovani e donne, lavoratori autonomi e a tempo determinato. Poi lo sguardo attento ai piani più bassi, alle cifre della Caritas con l’aumento dei nuovi poveri.
“Una crisi che ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche su quello culturale ed educativo”. In questa fase la scuola per il nuovo governo è l’altra priorità. Il premier conferma la necessità di ricalibrare il calendario scolastico e tornare rapidamente a un orario normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie.
Per andare oltre la pandemia “non basterà riaccendere la luce”. Draghi richiama a un nuovo modello di sviluppo e a un nuovo approccio. “Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento” dice citando Papa Francesco. Dunque si cambia, cominciando da “un nuovo modello di turismo dall’arte e dalla cultura delle nostre città non sciupare”.
Riflessioni che portano dritte al piano di ripresa e al Next generation Eu che il governo dovrà presentare entro aprile. Se il cambiamento climatico e la pandemia “penalizza alcuni settori produttivi”, il premier spiega che la risposta della politica economica “dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere” e tutto quello che crei le condizioni per la crescita delle nuove attività sostenibili.
“Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”, dice richiamando le missioni del programma europeo, il piano di Ripresa e resilienza, l’impegno a spendere nel modo migliore i 210 miliardi, per puntare a migliorare il potenziale di crescita, modulando la quota di prestiti aggiuntivi in base agli obiettivi di finanza pubblica.
Approfondire e completare il piano elaborato dal precedente governo mantenendo anche le missioni già individuate che possono essere riaccorpate e rimodulate: innovazione, digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva.
In quest’ambito, gli obiettivi strategici sono la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’inquinamento dell’aria e delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell’energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G. A proposito della molto discussa governance, il capo del governo spiega che “è incardinata nel ministero dell’Economia con la strettissima collaborazione dei Ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore”.
Alle riforme dedica dei capitoli specifici e conferma che proprio quelle indicate dalle ultime “raccomandazioni Paese” della Commissione europea quelle prioritarie: pubblica amministrazione, fisco e giustizia. Settori in cui stati fatti interventi parziali che hanno dato risultati limitati, mentre l’orientamento sarà dare una visione complessiva, certezze normative per facilitare gli investimenti interni ed esteri.
Draghi ha dedicato la parte finale del suo intervento alla collocazione internazionale. Nel confermare il solco dell’appartenenza all’Unione europea e all’alleanza Atlantica, ha ricordato la “profonda vocazione a favore di un multilateralismo efficace e l’attenzione verso le aree naturalmente prioritarie come i Balcani, il Mediterraneo allargato, alla Libia, al Mediterraneo orientale, e all’Africa. Al tempo stesso ha spiegato la necessità di strutturare e rafforzare il rapporto strategico e imprescindibile con Francia e Germania e consolidare la collaborazione con Spagna Grecia, Malta e Cipro a cui ci accomuna una sensibilità mediterranea e la condivisione di problematiche come quella ambientale e migratoria. In questa direzione “cruciale sarà la costruzione di una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati”.
Allargando l’orizzonte e guardando agli impegni della presidenza del G20 e la copresidenza della Cop26 con il Regno unito, l’Italia “avrà la responsabilità di guidare il Gruppo verso l’uscita dalla pandemia, e di rilanciare una crescita verde e sostenibile a beneficio di tutti”. Nello scacchiere internazionale lo sguardo attento alla nuova amministrazione degli Stati Uniti nella prospettiva di un cambiamento di metodo “più cooperativo nei confronti dell’Europa e degli alleati tradizionali. Più lontane Mosca e Pechino ma obiettivo dell’Italia è comunque di alimentare meccanismi di dialogo con la Federazione Russa: “Seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo e in altri paesi dove i diritti dei cittadini sono spesso violati.