Bruxelles – “I prestiti sono debito”. Valdis Dombrovskis è lapidario. Il vicepresidente esecutivo della Commissione europea mette in chiaro che anche nel quadro del meccanismo europeo per la ripresa, che destina 750 miliardi di euro agli Stati membri tra prestiti e garanzie, laddove si prendono soldi in credito questo “contribuisce ad accrescere il livello del debito”, e che pertanto si calcola nel conteggio delle passività e degli squilibri. Dunque i soldi provenienti dal Recovery fund sotto forma di prestiti vengono considerati ai fini del calcolo degli squilibri.
“Non dobbiamo pretendere che questo debito non esiste”, scandisce l’esponente del PPE al termine della riunione dell’Ecofin. “Si tratta di stabilire come gestirlo, nel rispetto delle regole del patto di stabilità e crescita” che al momento è sospeso ma che a un certo punto, ma non prima del 2022, verrà reintrodotto con tutte le sue regole e i parametri.
In prospettiva, dunque, fa fede il principio per cui del debito che si creerà in questa fase di risposta al dissesto prodotto dalla pandemia di COVID, bisognerà rientrare con politiche di riduzione degli squilibri. L’Italia, tra i principali beneficiari del programma di rilancio Next Generation EU, dovrebbe ricevere circa 209 miliardi tra garanzie (81 miliardi) e prestiti (127 miliardi). Con questa seconda voce che verrà calcolata, il governo dovrà farsi carico di estinguerla, assieme al resto del debito che nel rispetto delle regole al momento sospese va ridotto.
“Occorre creare certezza”, in termini di bilancio e reale stato dei conti pubblici, sottolinea Dombrovskis, convinto che questo clima di chiarezza è fondamentale in particolare “per i mercati”, il cui andamento può essere quindi privo di scossoni. Ma il vicepresidente dell’esecutivo comunitario torna sull’importanza di rivolgersi all’UE, visto che nell’accedere alle risorse messe a disposizione dei governi “gli Stati possono ottenere prestiti a condizioni favorevoli”. Debito più sostenibile di altro, dunque, e per questo profittevole. Ma comunque da cancellare con politiche di rientro. Un nuovo invito alle riforme.