Mario Draghi ha formato il governo che è riuscito a formare. Non è un governo politico perché lui non è un politico, non è un governo tecnico perché non avrebbe potuto costruire un governo tecnico, a meno di una sorta di “colpo di stato” che esautorasse il Parlamento.
In una situazione di emergenza vera il Capo dello Stato è ricorso alla personalità probabilmente più autorevole, più rispettata nel Mondo ed in Europa, che era disponibile in Italia chiedendo di prendere in mano le redini del Paese per tirarlo fuori dall’emergenza pandemica e approfittare al massimo dell’occasione che ci è stata offerta dall’Unione europea per un rilancio economico strutturale, che non sia di compensazioni per chi ha perso qualcosa, spesso tanto, alle volte tutto, a causa della crisi pandemica.
Da Bruxelles all’Italia chiedono di ricostruirsi dalle basi: investimenti, riforma della pubblica amministrazione, della giustizia, ammodernamento tecnologico, riduzione delle disparità territoriali. Per raggiungere questi obiettivi Draghi ha scelto lui la squadra: sono quei “tecnici” che compongono il governo. E sono quella squadra che rappresenta, insieme e da lui guidata, la figura del ministro per le Politiche europee, che diventa un’istituzione collettiva, un team ristretto che, immaginiamo, ha le idee chiare su cosa fare e la compattezza per farlo insieme. In questa squadra, probabilmente, manca ancora un pezzo, quella persona che dovrà quotidianamente mantenere i rapporti con Bruxelles, che dovrà rappresentare l’Italia ai Consigli Affari generali. Sarà, immaginiamo, un sottosegretario, di peso, un’altra personalità che gode della fiducia personale del presidente del Consiglio e della sua squadra.
C’è insomma una “gabinetto” all’interno di questo Consiglio dei Ministri (nel quale a dire il vero, colpisce il piccolo numero di donne), che guiderà l’azione di ricostruzione del Paese. I ministri politici poi dovranno declinare le riforme nei singoli settori, occuparsi della loro realizzazione pratica, del trasmetterne il senso ai cittadini ed alle imprese.
La maggioranza parlamentare è decisamente ampia, quasi esagerata, ma è quel che serve in una fase così: nessuno può mettersi di traverso, ricattare il premier, che d’altra parte non sembra essere una persona ricattabile. E’ inevitabile che tra qualche mese, però, i malumori tra le forze politiche emergeranno, se non altro perché prima o poi si dovrà tornare a votare, e non potranno tutti presentarsi agli elettori promettendo la continuità con il governo del quale tutti hanno fatto parte. Ci dovranno essere dei posizionamenti diversi. Quanto potrà durare questo governo non è dato sapere. Forse un annetto, fino alla prossima elezione del Capo dello Stato?