Roma – La Commissione europea ha lanciato il tre febbraio scorso un piano da 4 miliardi di euro per una strategia che mira a ridurre i fattori di rischio per lo sviluppo del cancro – come alcool, fumo, inquinamento ambientale e sostanze nocive. In particolare a Bruxelles si punta ad arrivare ad una “Generazione senza tabacco” nel 2040, intervenendo per cambiare la legislazione in vigore nell’UE Ue, concentrandosi in particolare sulla tassazione, che per Bruxelles rimane l’arma vincente per ridurre i consumi soprattutto tra i più giovani.
Nel frattempo il Beating Cancer Committee (Beca) del Parlamento Europeo lavorerà a un report che verrà pubblicato nel settembre 2021.
I medici non possono che convenire che il fumo del tabacco sia un fattore di rischio evidente, ma secondo alcuni medici specialisti del settore la strategia della Commissione non è quella vincente: troppo limitata nei mezzi, poco aperta alle novità giudicate meno pericolose, lontana dalle esigenze dei fumatori.
“Se la politica resta confinata a proposte di divieti e tasse, difficilmente si riuscirà ad intervenire con politiche di aiuto rispetto ad una popolazione che va incontro ineluttabilmente a malattia e morte. Queste proposte sono pensate da chi non ha dimestichezza con la trincea del tabagismo e, di conseguenza, non può tenere conto di quello che succede nella vita reale”, dice con chiarezza Fabio Beatrice, professore presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Torino e fondatore del Centro Anti-Fumo dell’ospedale San Giovanni di Torino, nel commentare lo European Beating Cancer Plan.
Secondo Beatrice, “il piano contro il cancro annunciato dalla Commissione ha obiettivi molto ambiziosi. L’abbattimento della percentuale dei fumatori dal 25% di oggi (circa il 22% in Italia) al 5% nel 2040, per creare ‘una generazione zero tabacco’, è lodevole. Ma – ammonisce lo studioso – ridurre significativamente il numero di morti per tumore con una stretta su sigarette elettroniche e tabacco riscaldato è utopistico e irrealizzabile“.
Un aspetto che la Commissione non considera, sostiene Beatrice, sono le persone, i fumatori: “Non è chiaro quali strategie metteranno in atto dalla Commissione Europea nei casi di soggetti resistenti alla proposta di cessazione, ovvero quelle persone che non vogliono smettere di fumare, che poi sono la stragrande maggioranza. Basti pensare che in Italia – spiega il ricercatore -, su 12 milioni di tabagisti, appena 8mila si rivolgono ai Centri Anti-Fumo. Di questi, solo il 45% riesce nell’intento, in genere sono adulti che hanno avuto un tumore. Sicuramente i giovani non accedono a queste strutture”.
Per il direttore del Centro Anti-Fumo dell’ospedale San Giovanni di Torino, insieme all’invito a smettere di fumare “bisogna assicurare proposte ricevibili. Un modo per ridurre il rischio ci sarebbe – dice Beatrice – ed è il fumo digitale (e-cig e tabacco riscaldato). Ci sono studi che confermano il potenziale di questi prodotti di ridurre il rischio per quei fumatori che non vogliono o non riescono a smettere. Questi nuovi dispositivi elettronici alternativi alle sigarette – con i quali, va detto, non raggiungiamo l’obiettivo della cessazione dalla dipendenza – sono un’alternativa migliore rispetto alle sigarette, affinché si eviti lo scenario peggiore per noi medici, ovvero che chi aveva già abbandonato le sigarette vi faccia ritorno”. Beatrice ritiene che “questi strumenti hanno la caratteristica di ridurre drasticamente i prodotti della combustione, i veri artefici del danno da tabagismo, rispetto al fumo tradizionale. Dunque, di fronte ai decessi a causa del fumo, circa 80mila in Italia, serve ben altro. Da medico cosa faccio, lascio il fumatore senza alternative? Non me lo posso permettere”.
“Ridurre la percentuale dei fumatori in Europa dal 25% di oggi al 5% entro il 2040 è cosa buona e giusta, ma per farlo servirebbe un atteggiamento di praticità, invece quello della Commissione Ue è un provvedimento draconiano: non si possono equiparare le e-cig e il tabacco riscaldato alle sigarette tradizionali. L’obiettivo è giusto, ma la strada che si vuole percorrere è sbagliata. Chi troppo vuole alla fine nulla stringe”. Sostiene anche Andrea Fontanella, direttore del Dipartimento di Medicina interna dell’Ospedale Buon Consiglio Fatebenefratelli di Napoli e presidente Fondazione Fadoi (Società scientifica di medicina interna).
“Peccato – aggiunge Fontanella – che il progetto della Commissione sia accompagnato da una stretta su sigarette elettroniche e tabacco riscaldato, così non si va da nessuna parte. Di tutti i tabagisti che dovrebbero smettere di fumare, quanti ci riescono? Un 10%, forse, E noi medici possiamo forse abbandonare queste persone, le più deboli, al loro destino? Sarebbe come se in una classe l’insegnante seguisse solo gli alunni bravi e dimenticasse chi è più indietro”. Secondo lo studioso “è a dir poco draconiano il provvedimento della Commissione Europea: ignora 30 studi indipendenti e i pareri di oltre 10 enti regolatori, oltre alle recenti decisioni, come quella della Fda, secondo cui i prodotti senza combustione dovrebbero essere trattati diversamente dalle sigarette per velocizzare il passaggio dei tabagisti dalla sigaretta tradizionale ai prodotti innovativi”.
Concorda Francesco Riva, presidente del C.O.C.I. (Cenacolo Odontostomatologico Centro Italia) e chirurgo maxillo-facciale: “Non si può solo dire che il fumo fa male ma occorre avere ben chiaro cosa si vuole fare. La Commissione UE ci deve dire quali strategie vuole adottare e quali mezzi metterà in campo per ridurre la percentuale dei tabagisti dal 25% al 5% entro i prossimi 20 anni. Sicuramente, di fronte a malattie e morti certe, serve buonsenso e non posizioni ideologiche. Sappiamo che i tabagisti sono dei tossicodipendenti, quindi dobbiamo offrire loro alternative”.