Bruxelles – Tutto sotto controllo, perché tutto nella norma. La nuova vita della Lega a Bruxelles non sembra rimettere in discussione nulla di nulla all’interno di un gruppo – Identità e democrazia (ID) – composto da formazioni attente ai propri interessi nazionali e spinte da ciò all’azione e alla reazione. Così la reazione dell’europarlamentare tedesco Jorg Meuthen (Alternative fur Deutschland), convinto che con l’avvento di Mario Draghi alla guida del governo nazionale “saranno i contribuenti tedeschi a pagare”, si inserisce nella logica del ‘giardino di casa propria’.
Certo, tra le fila della Lega qualcuno non l’ha presa proprio benissimo questa irruzione così decisa nelle questioni nazionali, ma è lo scotto da pagare per una convivenza con forze politiche di eguale natura. I sovranisti sono sovrani per definizione. Dunque, l’esponente dell’ultradestra tedesca si preoccupa per sé, arrivando a criticare la piroetta politica su cui si cimenta la Lega. “In Italia pensano di usare il Recovery Fund per sostituire i sistemi di riscaldamento”, scrive Meuthen sul suo profilo Facebook. Opinioni espresse a titolo personale, ma comunque indicative del sentire di una certa parte dell’elettorato tedesco.
In questo momento in Italia la Lega sembra aver deposto l’ascia di guerra per un confronto sui temi. Se a Roma Mario Draghi accetterà interventi a sostegno di investimenti, imprese e famiglie allora l’astensione del Carroccio al recovery fund potrebbe mutare in voto favorevole a Bruxelles. Fonti della Lega tengono a precisare che ciò che ha pesato finora è stato “il silenzio di Conte”. Se all’austerity si sostituissero “investimenti, crescita e rilancio economico, senza aumento di tasse ma liberando energie e risorse in ambito pubblico e privato, lo scenario cambierebbe completamente”.
La Lega gioca la carta della responsabilità e dell’attitudine costruttiva, in un chiaro intento di ricerca di nuovi consensi in Italia, per crearsi una credibilità e un’affidabilità utili in vista del voto che verrà. Parla al suo elettorato già conquistato e quello potenzialmente conquistabile, e lo stesso fanno gli alleati di gruppo a Bruxelles. E’ questa la logica di un gruppo il cui sottile filo rosso è costituito dalla critica all’azione europea, per un’Europa con più nazioni e meno Bruxelles. Ma al momento del dunque, l’Europa delle nazioni e dei nazionalismi si scontra. Per questo si riconosce che nella gestione delle politiche nazionali “andrebbero messi dei paletti”.
Esattamente la politica che sembra essere attuata da Rassemblement National. La delegazione francese che fa capo a Marine Le Pen, seconda forza del gruppo ID con 23 deputati, si astiene dall’intervenire nel merito delle questioni italiane. Draghi sì, Draghi no, Lega per il recovery, Lega contro il recovery: la linea dei francesi è quella di intervenire “se si ritiene necessario farlo”, e non appare questo il caso. Non a livello di partito, almeno. Questo non esclude la possibilità di esprimersi a titolo personale, a dimostrazione della natura di un gruppo politico che, almeno in Italia, riporta alla mente uno slogan satirico coniato per la Casa delle Libertà che fu.
Nessuna espulsione, nessuna spaccatura. Almeno per ora, assicurano a Bruxelles, dove sono certi che si continuerà come fatto finora. Tutti per uno fin dove si può, ognun per sé sul resto e uno per tutti forse, a seconda del dossier al voto. Il cambio di passo della Lega su Draghi può essere motivo di imbarazzo per qualcuno, ma nella logica della tutela del mero interesse nazionale in un gruppo dove la linea politica ha come faro sempre quell’attenzione particolare sul quadro generale. Il programma sta tutto nel nome, in fin dei conti. Identità e democrazia, ovvero non rinunciare a essere sé stessi nel rispetto del gioco democratico, fatto di opinioni diverse.