Roma – Un governo che guarda al presente e si prepara al futuro. Mario Draghi continua a prendere molti appunti e ricevere il sostegno di una maggioranza molto ampia, praticamente tutti meno Fratelli d’Italia. Le conferme sul ‘come’ arriveranno nei prossimi giorni quando sarà definita la squadra dei ministri che continua a restare una pagina bianca. Anche in questo secondo round, da Italia Viva ai centristi, dai radicali alle minoranze linguistiche, tutti si fidano delle scelte del premier incaricato “in rispetto al mandato” assegnato dal presidente Sergio Mattarella. Vedremo se tanta disponibilità e fiducia sarà confermata nei prossimi giorni anche dai grandi partiti.
A non sciogliere ancora la riserva c’è ancora il Movimento 5 Stelle, ultima delegazione a colloquio con Draghi di questo secondo giro. “Faremo parlare i nostri iscritti come abbiamo sempre fatto e contiamo nell’intelligenza collettiva per fare una scelta nell’interesse del Paese”. Al tavolo c’era anche Beppe Grillo che però lascia a Vito Crimi il compito di spiegare quelle convergenze che stanno portando il Movimento (Rousseau permettendo) nella nuova maggioranza.
“Abbiamo trovato spunti nelle cose che avevamo già anticipato e un programma concentrato sulla transizione ambientale ed energetica”. Poi, forse, anche una sponda dal premier su un nuovo assetto istituzionale per un ministero che coordini i temi dei trasporti, infrastrutture e ambiente “guardando all’esperienza della Francia”. Sul nodo del reddito di cittadinanza “siamo stati rassicurati sulla necessità di rafforzare misure di sostegno e sussidi anche di tipo universale” dice il capo politico del M5S che poi rivela che gli investimenti partiranno dal “Piano di ripresa e resilienza che c’è già” frutto del lavoro del governo Conte, e il Recovery plan nazionale non sarà stravolto”.
Nessuna incertezza, anzi un “Pd soddisfatto delle linee guida indicate dal professore” dice Nicola Zingaretti che conferma la fiducia al nuovo governo e registra positivamente la sua collocazione europeista. Poi gli altri temi incardinati nel programma, “il lavoro da creare con gli investimenti del Recovery plan e come attenzione alla vita delle persone”. Nel delimitare il perimetro, il Pd accoglie l’annuncio di una “riforma fiscale sui pilastri della progressività, il rifiuto di condoni e di proporre nuove tasse e attenzione alla fiscalità sul lavoro”.
Gli imbarazzi per entrare in una maggioranza con la Lega non trovano spazio, “siamo e restiamo alternativi” dice Zingaretti, “noi apprezziamo lo sforzo che sta facendo il professor Draghi e ci rimettiamo alle sue valutazioni anche sulla formula che l’esecutivo dovrà avere”.
Sostegno totale da Forza Italia ed è un Draghi sorridente quando accoglie Silvio Berlusconi “grazie di essere venuto”, omaggio a un’amicizia di molti anni. “Gli ho confermato il nostro sostegno – dice il Cavaliere – sceglierà in totale autonomia e noi faremo la nostra parte con lealtà. Non sarà una maggioranza politica ma la risposta all’emergenza e durerà per il tempo necessario per superare la crisi”. E pazienza per la coalizione di centrodestra che si divide con Fratelli d’Italia che conferma il suo no alla fiducia e resta l’unica formazione fuori dall’esecutivo nascente.
Considerati i primi indirizzi programmatici delineati da Draghi, la Lega sente la pressione e Matteo Salvini è subito incalzato sul voto che nelle stesse ore gli europarlamentari del Carroccio dovranno dare a Bruxelles al regolamento sul Recovery fund. Sarà favorevole e come confermato dopo poco, anche se il leader inizialmente dissimula e spiega che “deciderà insieme ai 29 leghisti ma un conto è sostenere il Recovery Plan di Conte e un conto è essere protagonisti nel buon utilizzo di queste risorse con il nuovo governo”.
Nella nota diffusa a Bruxelles si legge che “preso atto che non ci sarà alcun aumento della pressione fiscale, della fine della stagione dell’austerity e che si ridiscuteranno ridiscuteranno i vecchi parametri lacrime e sangue, voteremo a favore del Recovery Resilience Facility per dare concretezza alla fase nuova che sta per iniziare”.
Una retromarcia in piena regola, anche se non è la prima della giornata così come le inversioni a U degli esponenti leghisti “No euro” di stanza a Bruxelles. Sulla strada europeista e sulla maggiore integrazione, Salvini dice “di non essere appassionato alle bandiere e alle etichette” ma esclude che la conversione adottata per dire sì a Draghi e per entrare in maggioranza preveda anche l’adesione al PPE. “Siamo in Europa per cambiare alcune regole non per cambiare magliette”.
L’altro tema spinoso è quello dell’immigrazione che obbliga Salvini a evocare un generico “approccio come gli altri Paesi europei”, lasciando i porti chiusi un ricordo lontano. Il leader leghista insiste poi sulla pace fiscale ma da come la racconta fuori dalla sala, sembra che non ci siamo margini. “Mi basta la garanzia che non ci siano nuove tasse, nessuna patrimoniale, nessun aumento dell’Imu”, senza dimenticare l’assicurazione che sarà un governo “dell’Italia che riapre e riparte”.