“A Mosca ho fatto una figura barbina, ma ci sono andato, ci ho messo la faccia. Alcuni governi invece non ce la mettono, e impediscono di avere una politica unitaria e forte nei confronti della Russia. Ad ora neanche hanno reagito all’espulsione dei tre diplomatici nazionali. Se volete le mie dimissioni potete averle, ma dovete anche spiegare a cosa servono, cosa di meglio avete da offrire alla politica e ai cittadini dell’Unione?”. Potrebbe dire questo l’Alto rappresentante dell’Unione al Parlamento europeo nella sua audizione di domani, e forse, con i dovuti modi, questo dirà. E se lo dicesse noi saremmo d’accordo con lui.
La scorsa settima Josep Borrell è stato a Mosca a prendere una serie di schiaffi e di umiliazioni dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov e da tutto il sistema di potere russo. E’ vero. Forse la visita non era stata preparata al meglio, forse i russi sono stati imprevedibili, ma cosa deve fare un Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza se non tentare le vie diplomatiche? Se non andare, anche a costo di confronti duri, a spiegare le sue ragione ed ascoltare quelle degli altri?
Il problema di Borrell, come fu di Federica Mogherini, come fu di Lady Ashton, è che sono generali senza copertura, con un grande esercito di funzionari, alle volte anche eccezionalmente bravi (e tra questi ce ne sono molti di italiani) ma che devono agire senza un mandato, tentando di fare politica nonostante gli Stati membri che rappresentano.
Solo dai Paesi baltici ci sono state dichiarazioni, nei giorni che hanno preceduto il viaggi a Mosca, nelle quali si chiedeva a Borrell di non andare, che non era il caso di inviare messaggi di amicizia a Vladimir Putin.
Dagli altri niente, e niente in particolare dalla Germania, che è diventata la sponda di Mosca nell’Unione, dietro alla quale, in verità, si nascondono in molti, Italia compresa. E’ da lì che è stata imposta la cancellazione della minaccia di nuove sanzioni che Borrell voleva esprimere a Lavrov.
Finché Berlino riterrà che sia opportuno legarsi mani e piedi alla Russia facendosi fornire da lì il gas naturale, che sostituirà altre fonti di energia attraverso il gasdotto Nord Stream 2, le armi dei 27 nei confronti di Mosca (dove, guarda caso l’ambasciatore dei 27 è un tedesco, Markus Ederer) non solo sono spuntate, ma si rivoltano contro di noi.
Curare un oppositore avvelenato in Russia e salvargli la vita è certo una cosa bella, ma a cosa è servita? Alexei Navalny è tornato, con grande coraggio a Mosca, si è fatto arrestare e l’Unione si è fatta maltrattare quando, con debolezza, ne ha chiesto la liberazione, che non è avvenuta, mentre è sopravvenuta una condanna, ed anzi, anche un’udienza in tribunale (per un altro processo) proprio durante la visita di Borrell.
E poi c’è la CDU, partito leader in Germania, che non ha il coraggio di espellere Viktor Orban dal Partito popolare europeo, cosa che darebbe il via ad una serie di provvedimenti severi che l’Unione potrebbe prendere nei confronti di questo regime, contro il quale quasi nulla la Commissione riesce a fare.
Il nodo principale è lì, a Berlino, dove ancora si decide il bene ed il male dell’Unione, dove l’Europa a 27 diventa un fatto commerciale, dove si fa smarrire la strada di una politica estera che non sia solo scambi di beni e servizi.
*** Dopo la pubblicazione di questo editoriale, i ministeri degli Esteri di Germania, Polonia e Svezia hanno comunicato di aver espulso, per ritorsione contro le misure russe, ciascuno di loro un diplomatico russo.