Roma – All’ultimo round arriva un orientamento favorevole senza troppe condizioni dai partiti più titubanti. Mario Draghi registra la disponibilità inaspettata sia dalla Lega, sia dal Movimento 5 Stelle, spianando la strada alla formazione del nuovo esecutivo. Da lunedì il premier incaricato proseguirà il lavoro ascoltando le parti sociali e poi un nuovo giro di consultazioni per mettere a punto la squadra e i dettagli del programma.
“Oggi c’è il sole, spero sia un buon auspicio”, dice Salvini appena fuori dalla sala della biblioteca di Montecitorio, dove con la delegazione del partito ha incontrato Draghi. “La Lega c’è, siamo a disposizione e a differenza di altri non abbiamo pregiudizi, non si va avanti a forza di no”. Quella di Salvini è un’apertura pressoché totale al futuro governo, e si capisce subito che vince la linea di Giorgetti e Zaia, di quel pezzo di partito fortemente ancorato al mondo imprenditoriale che non può permettersi di restare fuori.
Una prospettiva dove non ci sono forse, quindi l’astensione, “se siamo convinti la Lega ci sarà” dice Salvini aggiungendo pure che sulla squadra “rispetteremo le scelte del professor Conte”. Il leader del Carroccio insiste sulla sintonia con il premier incaricato con “sviluppo, crescita, cantieri” le parole ripetute più volte e per la Lega è un cambio di passo anche il tema dell’Europa. Retromarcia sul Recovery fund da utilizzare per il lavoro e lo sviluppo “ma non per l’assistenza”, resta (chissà per quanto) il totem della Bolkestein e di un esecutivo “che non aumenti alcuna tassa”. In pochi giorni la Lega ha smontato quasi tutti i cardini del suo sovranismo schierandosi apertamente verso una collocazione atlantica, morbido pure sui migranti “chiediamo solo di fare come gli altri Paesi europei” citando Francia e Germania ma non l’Ungheria. “Abbiamo sentito l’inizio di un percorso interessante per il Paese – conclude – poi la prossima settimana entreremo nel merito”.
Sulla spinta di Beppe Grillo il Movimento 5 Stelle entra nella scia del nuovo governo, anche se nei prossimi giorni potrebbe subire una fronda interna. La piattaforma Rousseau potrebbe tacitare i riottosi ma in ogni caso il grosso del gruppo dirigente, Di Maio in testa e i capigruppo di Camera e Senato, hanno già fatto ampie aperture a Draghi sia in pubblico sia nel colloquio di sabato mattina. “Abbiamo ribadito il concetto che quando e se si formerà un nuovo governo noi ci saremo sempre con lealtà”, ha detto il capo politico Vito Crimi. Un nuovo esecutivo che per il Movimento “deve avere un’ambizione solidale, ambientalista, europeista” e come dato essenziale “una maggioranza politica solida per superare quelle criticità che hanno portato alla fine del governo Conte”.
Sarà il secondo giro di consultazioni a dire se l’esecutivo guidato dall’ex presidente della BCE partirà con una maggioranza blindata. Se dovessero essere confermati i sì di Lega e M5S a Montecitorio avrebbe 573 voti favorevoli su 630 e al Senato 293 su 321. Ufficialmente resta fuori dalla fiducia solo la formazione di Fratelli d’Italia e resta l’incertezza dell’appoggio di Liberi e Uguali divisi tra i bersaniani favorevoli e Sinistra Italiana più orientata verso il no. Anche nel caso in cui si rafforzasse la fronda dei senatori del Movimento 5 Stelle che fanno capo a Alessandro Di Battista, la partenza del futuro esecutivo Draghi non avrebbe nessuna difficoltà.