Bruxelles – Si può obbligare una federazione sportiva, come la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), a indire una gara pubblica quando si tratta di affidare determinati servizi? Sì, se rientra nei compiti di interesse pubblico che le sono affidati, secondo la Corte di Giustizia UE, che è stata interpellata dal Consiglio di Stato. Ma un ruolo spetta anche al CONI.
La questione riguarda in particolare l’affidamento per tre anni di un servizio di facchinaggio fornito alle squadre nazionali di calcio e al magazzino della stessa FIGC. Due degli offerenti ( il Consorzio Ge.Se.Av. S.c.arl e la De Vellis Servizi Globali Srl), che non sono riusciti ad aggiudicarsi l’appalto, hanno fatto ricorso al Tribunale Amministrativo di Roma contestando la mancanza di un bando pubblico e invocando la violazione della direttiva UE sugli appalti in virtù del fatto che la FIGC sarebbe un organismo di diritto pubblico. Il Tar, accogliendo l’istanza, aveva annullato l’affidamento e la stessa Federazione si era rivolta al Consiglio di Stato, che a sua volta ha utilizzato la procedura di rinvio pregiudiziale per chiedere alla Corte UE se la FIGC si potesse essere qualificata come “organismo di diritto pubblico” e se la sua attività dovesse rientrare sotto il controllo di un’autorità pubblica (nello specifico del CONI, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano).
Il giudice europeo ha affermato che se rientrano nei compiti di carattere pubblico che la legge italiana affida alla FIGC in materia di sport, le esigenze di natura non industriale o commerciale (come il servizio di facchinaggio in questione) soddisfatte dalla Federazione acquisiscono un interesse pubblico e dunque dovrebbero essere disciplinate dalle norme degli appalti pubblici. Non è escluso, infatti, che ci possa essere un interesse pubblico anche quando la FIGC si occupa di attività che non sono tassativamente elencate dalla normativa nazionale (come lo è appunto quella a carattere non industriale o commerciale a cui il caso si riferisce).
Ma è ravvisabile una responsabilità del CONI nella condotta scorretta della FIGC nel non indire una gara pubblica per il servizio di facchinaggio?
La Corte di Lussemburgo dice che in virtù dell’autonomia accordata alle federazioni sportive nazionali in prima battuta il CONI non è tenuto a esercitare un controllo diretto su di essa fino a intervenire nel campo degli affidamenti pubblici. Questo, tuttavia, dipende sempre dai poteri di cui il CONI è dotato nei confronti della FIGC “nell’influenzare le decisioni di quest’ultima in materia di appalti pubblici”. Ma bisogna tenere in debita considerazione, sottolinea il giudice europeo, anche l’influenza che le Federazioni sportive come la FIGC esercitano nei principali organi del CONI. Se l’influenza esercitata singolarmente da ciascuna Federazione sul CONI è significativa, i poteri di quest’ultimo sulle Federazioni nazionali stesse dovrebbero considerarsi neutralizzati e dunque non si potrebbe parlare di responsabilità di controllo da parte del Comitato Olimpico.