Bruxelles – Roma-Verona, partita di antichi scontri di un tempo che fu. Roma e Verona, a modo loro protagonisti della sovversione di un mondo del calcio dove decisero di ritagliarsi ruoli da protagonisti. Gli anni Ottanta del secolo scorso hanno riso ai colori giallo-rossi e giallo-blu. Uno scudetto per gli uomini di Liedholm (1983) e per gli uomini di Bagnoli (1985) in un momento in cui le gerarchie del pallone non furono più le stesse. E poi le finali di coppa Italia, vinte però solo dalla squadra della capitale. Proprio nella Capitale domani (31 gennaio) torna in scena Roma-Verona. Partita strana, per nulla come le altre. Mettere da parte i ricordi, fate spazio al ricordo. Quello di Ferdinando Valletti e della sua storia. Un uomo testimone dell’Olocausto, di cui ricorre quest’anno il centenario dalla nascita. Con la partita che si disputa a ridosso del giorno della memoria, la serie A si ferma.
Ferdinando Valletti era veronese ed è stato un giocatore del Verona. Ma la sua maglia nasconde avvenimenti tenuti nascosti fino agli anni Settanta, quando lui stesso decise che era tempo che il mondo sapesse. Nato a Verona il 5 aprile 1921, Valletti aveva la passione propria di tutti i bambini: il calcio. Coltivava quella passione nelle giovanili dell’Hellas, dove giocò fino al 1938. Quindi si trasferì a Milano, per lavorare in fabbrica. Ma non tradì il suo amore. Una parentesi nel Seregno, formazione brianzola, poi l’approdo al Milan. Non giocherà mai in prima squadra, ma quell’esperienza gli cambierà la vita.
L’1 marzo 1944 aderisce allo sciopero dei lavoratori dell’Alfa Romeo. Per questo viene segnalato dai collaborazionisti repubblichini alle SS. Per i nazisti Valletti è un simpatizzante socialista, e come tale è arrestato e messo su un treno diretto a Mauthausen. Qui cessa di essere Ferdinando Valletti. Ormai non è altro che il deportato I 57633.
Finisce ai campi di lavoro, fin quando avviene l’imponderabile. Le SS devono giocare una partita di calcio, ma sono a corto di un giocatore. Finiscono per rivolgersi ai prigionieri, e il numero I 57633 si fa avanti, raccontando di aver giocato nel Milan. Giocherà quella partita, e poiché fa bella figura, ne giocherà altre ancora. Diventa compagno di squadra dei suoi aguzzini, che lo spostano dai campi di lavoro alle cucine. Qui, a rischio della propria vita, raccoglierà cibo per i compagni di prigionia. Viene liberato dalle truppe alleate il 5 maggio 1945. Muore nel 2007, non prima di aver raccontato la sua esperienza, giunta fino in Parlamento europeo.
“Ritengo che quella di Ferdinando Valletti sia una di quelle storie da raccontare se vogliamo restituire al calcio uno dei ruoli che dovrebbe avere, vale a dire veicolo di trasmissione della memorialistica”, sostiene l’eurodeputato Paolo Borchia (Lega/ID), veronese, e tifoso dell’Hellas. “Senza capacità di leggere il passato non c’è futuro, e su questo tema il mondo del pallone ha un potenziale immenso ma poco utilizzato“. Per questo, confida, “mi piacerebbe che la figura del veronese Valletti fosse valorizzata, facendo breccia nella memoria collettiva e non soltanto nell’immaginario degli sportivi”.