Quest’ultimo anno, così complesso e devastante per il sistema economico di molti paesi, ha messo in evidenza quanto la capacità di resilienza di un paese molto dipenda dal grado di sviluppo delle sue infrastrutture digitali. Un paese con reti all’avanguardia e ben estese ha potuto garantire una maggiore continuità nelle attività delle imprese, nella gestione del territorio, nell’educazione scolastica e universitaria e, quindi, nella gestione del quotidiano. Dove tali infrastrutture sono ancora scarsamente diffuse, tutto questo non è stato sempre possibile, acuendo i problemi – talvolta già gravi – di disuguaglianza tra aree e tra persone.
Strutture a prova di futuro
Sorge dunque la necessità che ogni paese si doti di infrastrutture sempre più future proof e, quindi, di reti di comunicazione che permettono connessioni ultra-veloci ad altissima capacità.
Su questo aspetto, l’Italia non ha brillato: nell’ultimo report della Commissione Europea (DESI Report 2020), l’Italia ha registrato una copertura di reti ad altissima capacità significativamente inferiore alla media europea (30% vs. 44%).L’ultimo biennio ha tuttavia segnato un cambio di passo, con un’ accelerazione negli investimenti in reti ultra-veloci, sia da parte di TIM – l’operatore storico nazionale, che dalla società Open Fiber, operatore nato nel 2017 come impresa wholesale-only ossia specializzata nella sola fase di realizzazione di tali infrastrutture.
È indubbio che gli investimenti in queste reti ultra-veloci siano un fattore positivo per l’economia di un paese: numerosi studi mostrano che questi investimenti generano un effetto positivo sulla crescita economica. Su altre dimensioni economiche, come sul lavoro, l’educazione o la crescita delle imprese, i risultati sono meno univoci ma importanti. Ad esempio, per le imprese senza dubbio le reti ultra-veloci favoriscono una loro crescita e la loro produttività, ma rendono anche i mercati più ampi con un aumento del rischio di uscita per chi non riesce ad affrontare la maggiore pressione competitiva.
In questo contesto, ogni intervento di politica pubblica oppure ogni scelta privata che permetta di rafforzare l’infrastrutturazione digitale di un paese ancora lontano da una copertura adeguata, come l’Italia, è oltremodo importante e da valutare con particolare favore.
La spinta dell’Unione Europea
Per incoraggiare la diffusione delle connessioni ultra-veloci in fibra ottica in tutta Europa, l’Unione Europea ha adottato un nuovo quadro normativo nel 2018, il nuovo Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche (EECC), con misure volte a fornire agli operatori del mercato forti incentivi agli investimenti. Per stimolare gli investimenti preservando un ambiente competitivo, l’EECC prevede la possibilità che un operatore telefonico possa condividere con altri operatori l’onere degli investimenti in reti ultra veloci, ovvero si possano definire accordi a “co-investire” nella realizzazione delle nuove infrastrutture a banda larga ad alta velocità.
Le opportunità di co-investimento da parte degli operatori sono recentemente diventate un importante argomento di discussione nel dibattito europeo. Il co-investimento è visto come una soluzione ai vincoli finanziari affrontati dalle imprese e all’allocazione asimmetrica del rischio tra operatori storici e entranti, rischio che da sempre hanno rallentato il lancio di nuove infrastrutture in fibra ottica. Inoltre, tali accordi sono volti ad accelerare il passaggio dalla vecchia tecnologia in rame alle nuove reti in fibra ottica e, in funzione della loro tipologia, garantiscono il mantenimento di una forma di concorrenza infrastrutturale fondamentale per l’evoluzione del mercato.
Il co-investimento di TIM
Al riguardo, è notizia di oggi la formalizzazione di un accordo di co-investimento tra TIM, la società di investimento KKR e Fastweb volta alla creazione di una società denominata FiberCop, che ingloberà a sua volta la società Flash Fiber, già congiuntamente controllata da TIM e Fastweb. Co-investimento aperto a tutti gli altri operatori che vorranno aderire
TIM trasferirà a FiberCop sostanzialmente tutte le attività, le passività e gli accordi che compongono la propria rete di accesso (ossia il tratto di rete che va dagli armadi stradali agli edifici, compresi i verticali, sia in rame che in fibra), unitamente alla sua partecipazione dell’80% in Flash Fiber. Contemporaneamente alla creazione della Società, Fastweb contribuirà a FiberCop con la sua intera quota del 20% in Flash Fiber in cambio di una partecipazione del 4,5% in FiberCop. Il resto della società sarà controllata dalla società finanziaria KKR tramite la sussidiaria Teemo Bidco S.àr.l. Anche l’operatore Tiscali ha deciso di partecipare al progetto in qualità di co-investitore in specifiche aree del paese. L’obiettivo di questo accordo è quello di raggiungere una copertura in fibra (con tecnologia di tipo FTTH) nel 56% delle famiglie italiane (76% se consideriamo le sole aree grigie e nere) distribuite in 1610 comuni entro il 2025.
La letteratura economica mette in evidenza come questi accordi di co-investimento possano portare ad una più rapida copertura del paese con reti ultra-veloci e, quindi, una più rapida migrazione dalle reti tradizionali in rame a quelle in fibra. Questo senza necessariamente ridurre la pressione competitiva a livello retail sui nuovi servizi di connessione a banda ultra-larga. Ne consegue che promuovere forme di co-investimento nelle nuove reti in fibra possono portare a raggiungere l’obiettivo di accrescere copertura e il take-up delle connessioni ultra-veloci e favorire il consolidamento di una competizione infrastrutturata.
E’, quindi, da vedere con favore questo progetto di FiberCop per l’Italia, come d’altra parte tutti i progetti simili che ci sono in Europa. Ovunque applicati, gli accordi di co-investimento hanno portato ad un aumento della copertura di reti FTTH e aumentato il livello di concorrenza a livello retail tra gli operatori. In Spagna, si sono avuti addirittura 6 diversi accordi tra imprese dal 2012 al 2020 e la Spagna oggi è uno dei paesi con maggiore copertura con reti in fibra in Europa. In Francia, ad esempio, vi sono evidenze empiriche che mostrano che non solo questi accordi hanno aumentato la copertura in fibra nel paese, ma ha portato anche ad una maggiore pressione concorrenziale tra le imprese con una riduzione di queste di mercato da parte dell’operatore storico. In Portogallo, accordi di questo tipo sono stati ben 5 e hanno portato ad un buon livello di copertura nel paese, con la coesistenza di accordi di co-investimenti e di operatori wholesale-only operanti in specifiche aree del paese.
FiberCop è un accordo aperto, come espressamente previsto dall’art. 76 del Nuovo Codice, e quindi potenzialmente potrebbe essere esteso per includere ulteriori operatori. Ciò implica che chiunque può chiedere di entrare nell’accordo e indicare in quale aree del paese preferisce co-investire. L’unico vincolo è che l’accordo deve avere una dimensione comunale.
L’accesso all’infrastruttura
Il nuovo Codice Europeo fornisce anche linee guida per le condizioni economiche per l’utilizzo della futura rete. Tali condizioni per l’accesso all’infrastruttura realizzata dalla società veicolo FiberCop sono uguali per tutti i co-investitori garantendo così una parità di trattamento per ogni partecipante all’accordo. Sono inoltre previste clausole di acquisto di capacità minima che permettono di ripartire i rischi e gli oneri dell’investimento tra i partner, riducendo così la rischiosità complessiva a carico di ogni singolo investitore. Sono inoltre previste condizioni differenziate per operatori che decidono di entrare nell’accordo più tardi, con condizioni diverse per tener conto del diverso “rischio” sostenuto dai primi sottoscrittori dell’accordo. Infine, sono previste anche condizione di accesso all’infrastruttura per operatori alternativi non investitori a condizioni commerciali e, quindi, negoziate. L’accordo, come previsto dal Codice, sarà soggetto ad un market test da parte dell’Autorità di regolazione settoriale, l’AGCOM, che valuterà la sostenibilità delle condizioni economiche di utilizzo della nuova infrastruttura e il suo impatto sulla competitività del settore. A seguito di tale verifica, l’accordo diventerà operativo.
L’auspicio è che un accordo di questo tipo, primo nel suo genere in Italia, permetta di portare effettivamente ad una accelerazione della copertura in fibra nel nostro paese, che è una precondizione di base per l’ulteriore sviluppo di tutte le applicazioni che su tale rete possono essere utilizzate, non solo per i cittadini ma anche per le imprese del nostro paese.
* Carlo Cambini è professore di Economia Applicata presso il Politecnico di Torino. I suoi lavori si focalizzano sul funzionamento dei mercati delle comunicazioni e digitali.