Roma – L’incertezza politica con la crisi di governo finora non ha ancora causato significativi riflessi sui mercati e in particolare sullo spread, considerato il termometro del ‘rischio Italia’. Negli ultimi dieci giorni il differenziale con i Bund tedeschi ha oscillato tra i 103 punti ai 119, con una piccola perdita per l’aumento del rendimento del decennale e la conseguente spesa per interessi.
A frenare corse speculative ovviamente resta lo scudo della BCE che già a dicembre aveva confermato l’ampiezza del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) il piano di acquisto dei titoli di Stato dei Paesi che aderiscono all’eurozona, messo a terra per arginare i rischi di liquidità.
A destare preoccupazione c’è invece il percorso del Piano nazionale di ripresa che nelle prossime settimane doveva essere consegnato a Bruxelles e che invece slitterà a causa dello stop del governo Conte bis. Un piano che anche il prossimo governo potrà fare suo: per ora si tratta di farlo partire ma saranno anche altri esecutivi che negli anni successivi (fino al 2026 data entro la quale dovranno essere spese le risorse assegnate) dovranno gestire lo sviluppo e l’attuazione. Il rischio che i ritardi del governo o ancora peggio, le elezioni anticipate, possano causare una riduzione della quota dei 209 miliardi di euro assegnata al nostro Paese, è reale.
Una conferma parziale è giunta dal commissario al Bilancio Johannes Hahn, che ha invitato l’Italia a “risolvere la crisi al più presto” per fare in modo che governo e Parlamento possano concentrarsi su ciò che serve al Paese. “Ciò che sta succedendo è decisamente spiacevole, oltre che irresponsabile e tutte le forze politiche ragionevoli, di governo e di opposizione, dovrebbero lavorare per superare le difficoltà”.
Il Commissario che ha in carico la gestione dei fondi del Next generation EU, si mostra comunque fiducioso che si possa superare presto questa situazione e appare ottimista anche sul Recovery plan. “Ciò che abbiamo visto finora è piuttosto promettente” dice Hanh confermando che il governo si è impegnato per riformare il Paese, per investire nei progetti digitali ed ecosostenibili, per rendere l’Italia più resiliente e più competitiva ed era sulla strada giusta”.
La crisi ha messo in stand by anche l’attività parlamentare salvando (oltre ai provvedimenti urgenti come i decreti) proprio solo l’istruttoria del Recovery plan, varato dall’esecutivo alla vigilia dell’uscita di Renzi dalla maggioranza e dei ministri di Italia Viva. È stata invece congelata l’approvazione definitiva da parte della Camera dei Deputati della legge di delegazione europea 2020 che contiene 33 direttive comunitarie da recepire.
Rischia di aumentare anche l’arretrato (anche se rientrerebbero tra gli affari correnti) di un numero elevato di decreti attuativi, necessari per dare completezza alle riforme varate. Molte di queste sono del governo dimissionario e legate ai provvedimenti varati per fronteggiare la crisi pandemica, economica e sanitaria. Solo per il decreto “Cura Italia” devono essere attuati ancora 358 decreti ministeriali per mettere in pratica tutte le norme e i necessari passaggi tecnici e burocratici.