Bruxelles – Crescono gli investimenti dell’Ue per la mitigazione dei cambiamenti climatici, ma non abbastanza da incontrare gli obiettivi europei a lungo termine. Nel 2019 l’Unione Europea ha investito 175 milioni di euro e circa l’1,3 per cento del suo Prodotto interno lordo nella lotta al cambiamento climatico, con un aumento del 2,7 per cento rispetto all’anno precedente. Nonostante questo, l’investimento europeo su questo fronte “è ancora insufficiente” nell’ottica di raggiungere l’obiettivo al 2030 (-55 per cento delle emissioni), sottolinea la Banca europea degli investimenti (Bei) nell’ultimo rapporto annuale sugli investimenti in Europa ‘Building a smart and green Europe in the Covid-19 era’, che – come spiega il titolo – analizza quest’anno anche gli effetti della pandemia sugli investimenti green del Continente. Una pandemia, si legge nel rapporto, che ha provocato nel complesso una contrazione del 25 per cento degli investimenti privati in un anno, ma a cui seguirà una ripresa degli investimenti con un peso sempre maggiore verso la digitalizzazione e la transizione verde.
Una transizione verde che necessita di una spinta ai finanziamenti sopratutto per quanto riguarda il settore energetico. Il livello dei finanziamenti deve aumentare perché stanno aumentando le ambizioni dell’Europa sul clima. In sostanza, crescono gli investimenti ma cresce anche il divario con gli obiettivi climatici dell’Europa. Ad oggi, risultano ancora non sufficienti perché secondo la stessa valutazione d’impatto della Commissione europea gli investimenti nel sistema energetico del Continente dovrebbero passare da una media annua del 1,3 per cento del Pil registrata nell’ultimo decennio (2011-2020), al 2,8 per cento del Pil nel prossimo (2021-2030) se l’Unione europea punta a raggiungere il suo obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030. Se agli investimenti nel settore energia aggiungiamo anche quelli che l’Ue dovrebbe fare nel settore dei trasporti, arriviamo al 3,7 per cento del Pil all’anno con cui finanziare progetti, risorse e infrastrutture intelligenti. Parliamo di circa 350 miliardi di euro all’anno (compresi i trasporti) nel decennio in corso, rispetto agli attuali tassi d’investimento.
Nel complesso l’Europa investe meno della Cina (2,7 per cento) ma più degli Stati Uniti (0,8 per cento) degli Stati Uniti. Rispetto al passato, inoltre, gli investimenti nella transizione verde stanno quantitativamente crescendo soprattutto nel settore delle energie rinnovabili mentre rimangono stagnanti, invece, quelli in efficienza energetica.
Quali investimenti
Secondo la Bei, nei prossimi dieci anni l’attenzione degli investimenti deve spostarsi dai produttori di energia ai consumatori di energia, comprese le imprese, le famiglie e le autorità municipali. I due terzi di questi investimenti si dovranno concentrare in particolare sul miglioramento dell’isolamento degli edifici, sull’aggiornamento dei processi industriali, l’acquisto di attrezzature più efficienti dal punto di vista dell’impatto ambientale e sulle nuove tecnologie di trasporto. In parole povere, risorse per decarbonizzare e per contenere le conseguenze del cambiamento climatico, ad esempio sostituendo gli impianti di produzione e i combustibili che emettono carbonio con fonti più pulite, nonché l’ammodernamento delle attività già esistenti.
In questa corsa agli investimenti, proprio la Banca europea avrà un ruolo cruciale: nella sua tabella di marcia 2021-2025 , il Gruppo mira a mobilitare 1 trilione di euro (mille miliardi) di investimenti nell’azione per il clima e nella sostenibilità ambientale tra il 2021 e il 2030 e dedicare oltre il 50 per cento del finanziamento annuale agli investimenti verdi entro il 2025 (oggi è ferma a quota 30 per cento). Oltre al ruolo della Bei, in questo decennio giocherà un ruolo di primo piano il bilancio comunitario di lungo termine e soprattutto il Next Generation Eu della Commissione europea, 750 miliardi di euro di cui il 37 per cento in risorse per il clima. Gli stessi Stati membri hanno l’obbligo di impiegare il 30 per cento dei loro piani nazionali di ripresa e resilienza in azioni per il clima.
Incertezza su regole e tassazioni frena le imprese europee
Interessante notare che secondo i dati di Bei, il 45 per cento delle aziende dell’UE nel 2019 ha investito in misure di mitigazione o adattamento al cambiamento climatico contro il 32 per cento negli Stati Uniti. Di male c’è che solo il 40 per cento delle aziende prevede di farlo nei prossimi tre anni. La cifra degli investimenti varia da Europa a Europa: passa dal 50 per cento in quella occidentale e settentrionale al 32 per cento in quella centrale e orientale, che come sappiamo sono le aree dell’Ue più indietro dal punto di vista della transizione economica. Appare ovvio che nel prossimo decennio sono proprio alcuni Paesi dell’Europa centrale e orientale che dovranno investire di più per ridurre la loro dipendenza dal carbonio e soddisfare i piani climatici dell’UE. Secondo i dati, incertezza sulla regolamentazione e la tassazione nel settore sta ostacolando gli investimenti legati al clima per la maggior parte delle imprese europee (il 75 per cento). Sta crescendo, inoltre, il numero delle imprese europee che investono in misure di efficienza energetica e sono soprattutto grandi imprese e manifatturiere le più propense a investire.
Leader per i brevetti verdi
Lo sfruttamento di tecnologie digitali per ottenere processi più verdi è strategico ed è ormai chiaro che l’Ue considera verde e digitale due rivoluzioni gemelle e complementari. E nonostante la leadership degli Stati Uniti nella maggior parte dei settori digitali, secondo il rapporto della Bei l’Europa ha registrato il 50 per cento in più di brevetti in tecnologie verdi rispetto agli Stati Uniti, con Giappone e Cina ancora più indietro.