Bruxelles – La difficoltà di potersi esprimere, ma la necessità di farsi sentire. Paolo Gentiloni, commissario europeo italiano, non può esimersi da dal commentare le vicende di politica nazionale. E lo fa nel rispetto e nella cornice che il ruolo gli impone. “E’ complicato per me parlare della situazione in atto, ma sappiamo che c’è la crisi” di governo, con tutte le incognite per il Paese e l’Unione europea di cui l’italia fa parte.
“La crisi non aiuta”, dice rivolgendosi ai circoli del Partito democratico d’Europa e del mondo, in occasione del dibattito ospitato dal circolo di Bruxelles, che ha messo in rete le sezioni estero dentro e fuori il territorio dell’UE. “C’è bisogno di un governo che faccia le politiche necessarie” per traghettare il Paese fuori dalla crisi prodotta dalla pandemia di COVID-19.
L’Italia, e Gentiloni non ci gira troppo attorno, ha ricevuto tanto e fin qui dato molto poco. Il Paese ha conti in disordine e un’economia sofferente già da prima l’arrivo del Coronavirus. C’è quindi maggiore necessità di politiche. Stallo e interruzioni della macchina normativo-riformatrice non aiuta. Anzi. “Dobbiamo evitare che la crisi sanitaria diventi una crisi sociale e finanziaria per un Paese come l’italia“. E’ questa la preoccupazione dell’Europa. Gentiloni parla al suo elettorato, ai suoi colleghi di partito. Ma lo fa in veste di portavoce delle preoccupazioni dell’Europa.
“Grazie alle politiche della Commissione e della Banca centrale europea non abbiamo visto nessuna di queste conseguenze“, nessuna crisi di natura nè sociale né finanziaria, “ma non non possiamo essere certi che durerà per sempre“. In altre parole, tocca all’Italia. Ora tutti si aspettano che ogni governo faccia la propria parte. Perché “la politica monetaria può fare molto, ma non più fare tutto senza polititiche economiche”. Che spettano ai governi.
La Commissione si è assunta la responsabilità di spingere per il meccanismo di ripresa (Next Generation EU), che per la prima volta implica la creazione di debito comune. “Se funziona diventerebbe difficile opporsi ad un meccanismo analogo in futuro”. Viceveresa, se fallisce, “riproporlo diventa difficile”.
L’Italia è il primo beneficiario di questo strumento. Ma le risorse – 65,5 miliardi di euro solo in garanzie – vanno impegnate entro il 2023 e spese entro il 2026. Vuol dire piani, progetti, governance. “Spendere così tanti soldi in così poco tempo richiede un impegno enorme, e ci aspettiamo che la risposta sia all’altezza della sfida“. Il problema è che l’Italia questa sfida sembra averla persa in partenza.