Il Parlamento dice sì al diritto alla disconnessione. Il commissario Schmit: “Le persone non sono robot”
Richiesto l'intervento della Commissione per salvaguardare le tutele fuori dall'orario di lavoro. Anges Jongerius (S&D): "C’è bisogno di dire 'no, non sono disponibile'"
Bruxelles – I 472 voti in Parlamento lo dicono forte e chiaro: il diritto alla disconnessione deve rientrare tra i diritti fondamentali dei lavoratori al pari di tutti quelli tradizionalmente riconosciuti. Il relatore della proposta, l’eurodeputato membro del gruppo dei Socialisti e Democratici Alex Agius Saliba ha fortemente insistito sulla proposta. “Le nuove tecnologie hanno permesso a molti mestieri di poter essere svolti in maniera più flessibile, e la pandemia ce lo ha dimostrato, ma hanno anche reso difficile disconnetersi dal lavoro nel tempo libero”, ha affermato durante la plenaria l’europarlamentare maltese.
“Secondo uno studio di Eurofound (l’agenzia europea che si occupa di studi sulle condizioni di lavoro, ndr) durante i primi mesi della pandemia il 30% dei lavoratori ha operato anche oltre l’orario di lavoro”, ha continuato Agius Saliba. “Molti lavoratori hanno subito effetti collaterali: straordinari non remunerati, burnout, malattie degli occhi. Così si rischia che non venga salvaguardato il limite della giornata di lavorativa”.
L’approvazione di una legge specifica sul diritto alla disconnessione (right to disconntect) da lasciare in eredità soprattutto alla luce delle nuove dinamiche professionali imposte dal Covid-19 è stata caldamente invocata anche negli interventi che ha animato il dibattito parlamentare mercoledì 20 gennaio. “Capita che quando si torna a casa il telefono squilli e che a chiamare sia il capo. Questo può essere stressante e può aggiungersi al resto delle preoccupazioni che si possono avere quando si ha un contratto a tempo determinato, o quando la propria impresa sta affrontando una ristrutturazione del personale” ha detto l’eurodeputata Anges Jongerius (S&D) intervenendo nella discussione. “Ma c’è bisogno di dire ‘no non sono disponibile’ “. Duri sono stati i toni del commissario per il lavoro e i diritti sociali Nicolas Schmit: “Le persone non sono robot, hanno dei limiti. Le imprese devono capire che se si vuole avere una maggiore produttività non ci si può limitare a far lavorare le persone 24 ore su 24 e sette giorni alla settimana”.
C’è chi ha prospettato una maggiore convenienza nell’affrontare la questione a livello dei singoli Stati membri, in virtù della specificità dei mercati del lavoro nell’UE (Guido Reil, ID), oppure chi ha raccomandato di applicare con più efficacia le altre disposizioni esistenti, come la direttiva UE del 2003 sul diritto al riposo del lavoratore. “Diamo un’occhiata alle regole già esistenti e chiediamoci perché non funzionano. Evitiamo di creare nuove normative”, ha dichiarato l’eurodeputata dei Conservatori Beata Szydło, che ha votato contro la risoluzione.
Nel presentare la proposta alla stampa Agius Saliba ha anche rivelato l’energica azione di molte lobby nello screditare un’iniziativa che esoneri il lavoratore dalle conseguenze dovute alla sua mancata reperibilità fuori dall’orario di lavoro.
Approvando la risoluzione, che ha ricevuto 126 voti contrari e 83 astensioni, il Parlamento sollecita la Commissione sull’adozione di una normativa specifica sul diritto alla disconnessione e sulla fissazione di standard minimi di tutela per il lavoro da remoto.
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Parità di genere, Parlamento UE detta la linea: colmare divario digitale e uguaglianza per ripresa post-Covid
Approvate tre relazioni per stimolare la strategia di coinvolgimento femminile nella società e nell'economia europea. "La violazione dei diritti delle donne è la violazione della democrazia e dello Stato di diritto", ha attaccato la relatrice Noichl
Bruxelles – Europa è una donna. Un’immagine può rendere meglio di un fiume di parole un concetto che ormai dovrebbe essere basilare nella società europea: i diritti delle donne sono diritti umani. Nel 2021 è ancora necessario ribadirlo, ma oggi il Parlamento Europeo ha dimostrato che ogni minuto passato senza che l’uguaglianza sia realtà, è l’ennesimo minuto perso. Lo ha fatto con l’approvazione di tre relazioni sulla parità di genere, che hanno posto le basi per una risposta alle conseguenze della pandemia Covid-19 senza discriminazioni, per colmare il divario digitale tra i sessi e soprattutto per dare un decisivo impulso alla strategia per la parità di genere.
La commissaria UE per l’Uguaglianza, Helena Dalli
Presente in aula anche la commissaria per l’Uguaglianza, Helena Dalli. “Il lavoro del Parlamento alimenta la lotta della Commissione contro tutte le discriminazioni”, ha accolto con favore il dibattito Dalli. “Ogni passo deve essere indirizzato in avanti per conquistare la parità di genere” e il 2021 è visto dalla commissaria come ” un grande anno di intenso lavoro” per rafforzare “in ogni sede dell’Unione Europea l’uguaglianza”. “Questa”, ha ribadito Dalli, “deve essere un’Unione dell’uguaglianza“, confermando l’intesa tra Commissione Europea e Parlamento del 25 novembre scorso, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
La strategia europea
“Oggi la maggioranza democratica del Parlamento Europeo si schiera chiaramente a favore di una società dove ci siano pari opportunità tra uomini e donne e contro le violenze di genere”, ha esordito la relatrice del testo sulla strategia europea di uguaglianza di genere, Maria Noichl (S&D). “Gli aspetti fondamentali sono la pari partecipazione nella società e nelle istituzioni e l’uguaglianza salariale”. Ma tra i principi fondanti di una società più attenta ai diritti universali c’è anche “la pace fra i sessi, punto di partenza per creare un’immagine più umana della nostra società”, ha aggiunto Noichl.
L’europarlamentare Maria Noichl (S&D)
L’UE deve diventare “motore delle pari opportunità ancora non realizzate sul continente”, perché “la violazione dei diritti delle donne è la violazione della democrazia e dello Stato di diritto“. Nella strategia è segnalato con precisione anche ciò che non può più essere tollerato: “Ci opponiamo alla riduzione delle donne al solo ruolo di madri, all’uomo come capofamiglia e al concetto di famiglia composta solo da una mamma e un papà con i figli”. Una riflessione sulla tematica di genere, “vietata da parte dell’estrema destra perché non riesce a gestirla”, è la benzina nel motore dell’Unione: “Le idee libere sviluppano una forza che non può essere frenata“, ha aggiunto la relatrice tedesca. Che ha poi arricchito il ragionamento portando una citazione di un canto bavarese: “Solo chi è piccolo di pensiero non riesce a sostenere la crescita delle donne”.
Per quanto riguarda la strategia per la parità di genere, l’europarlamentare in quota S&D ha sottolineato che rappresenta “un piano di lavoro vincolante per i prossimi cinque anni” e che implica un “meccanismo di controllo e obblighi di rendicontazione”. Attraverso questo nuovo strumento si rinvigorisce l’azione dell’UE per l’uguaglianza di genere nel mondo: “Lottiamo per la ratifica della Convenzione di Istanbul, tolleranza zero verso la violenza sulle donne e chiediamo provvedimenti contro le mutilazioni degli organi genitali femminili”. Mentre l’Unione deve portare fino in fondo la tutela dei diritti, perché “le crisi non possono più essere scaricate sulle spalle delle donne, come successo dopo la crisi finanziaria del 2008 e durante quella del Covid-19”.
Colmare i divari
L’europarlamentare Frances Fitzgerald (PPE)
A proposito della crisi scatenata dalla pandemia Covid-19, il secondo testo (relatrice Frances Fitzgerald, PPE) ha preso in considerazione il ruolo delle donne in questo frangente. “A partire dal Next Generation EU dobbiamo mettere al centro della ricostruzione economica la parità tra i sessi e non dimenticare il divario di genere”. Se la pandemia ha colpito famiglie e comunità nella loro interezza, tuttavia non può essere dimenticato che sono state soprattutto le donne a porsi in prima fila nella lotta al Covid-19: “Lo è il 76 per cento del personale sanitario, il 95 per cento degli addetti alle pulizie e l’86 per cento degli incaricati all’assistenza personale degli anziani”, ha sottolineato Fitzgerald. Ma, nonostante questo, “a loro non è stata garantita un’equa retribuzione“. E infine un’attenzione particolare al telelavoro: “Per troppe donne lavorare a casa ha significato dover contemporaneamente assistere i bambini e fare i lavori di casa”. È arrivato il momento di guardare in avanti: “Dobbiamo costruire un futuro più equo dal punto di vista di genere e portare le donne al tavolo delle decisioni”.
Uno dei problemi più evidenti dal punto di vista del divario di genere riguarda l’ambito digitale. Il testo presentato dalla relatrice Maria da Graça Carvalho (PPE) si è focalizzato proprio sul gender digital divide, lo squilibrio nella partecipazione all’economia digitale: “È una delle forme di discriminazione di genere più gravi nel nuovo decennio”, ha commentato la relatrice. Lo è a tutti gli effetti, perché “di conseguenza fa aumentare il divario salariale, un problema sia per il basso reddito delle donne, ma anche per la competitività dell’economia europea”.
L’europarlamentare Maria da Graça Carvalho (PPE)
La bassa percentuale di lavoratrici nel settore dello sviluppo delle nuove tecnologie digitali si riassume in pochi dati: a livello professionale le donne rappresentano il 18 per cento, mentre su 1,3 milioni di studenti di area scientifica, solo il 17 per cento sono ragazze. “È un enorme potenziale di talento, creatività, competenze e capitale innovativo sprecato“, ha commentato da Graça Carvalho. Alla base ci sono soprattutto “motivi culturali, per cui le ragazze tendono a evitare questa area o la abbandonano perché non sono sostenute”. Per fermare questa emorragia, il Parlamento UE propone azioni concrete: “Creare programmi di imprenditoria e finanziamento di progetti nel settore delle tecnologie e dell’informazione rivolti alle donne”, ma anche “sensibilizzare le bambine sin dai primi anni di scuola, presentando casi di successo femminile che possano essere un punto di riferimento”.
Tra le fila socialdemocratiche si è alzata chiara la voce di Alessandra Moretti: “La ripresa ci sarà solo se romperemo il tetto di cristallo di cui parliamo da troppo tempo. Metà del Next Generation EU dovrà essere investito nelle politiche di genere“, ha dichiarato l’eurodeputata in quota PD. “Non avremo altre opportunità per garantire alle ragazze di vivere in una società più giusta, in cui ancora oggi ci sono troppe discriminazioni”. Attraverso i fondi di ricostruzione post-Covid “bisogna investire sui servizi di conciliazione tra lavoro e famiglia, scuola, formazione e ricerca, lavoro e parità di salario che è la prima vera forma di libertà e autonomia”.