Bruxelles – Adesso a chiedere che l’Italia faccia le riforme è anche la BEI, la Banca europea per gli investimenti. il vicepresidente Dario Scannapieco, nella tradizionale conferenza annuale, non ci gira troppo attorno. “Il recovery fund non deve essere vista solo come un’opportunità finanziaria, deve essere vista come l’opportunità per fare rapidamente le riforme strutturali” di cui il sistema Paese ha bisogno.
Il fondo per la ripresa individuato dall’UE nell’ambito della strategia di risposta alla crisi prodotta dalla pandemia di COVID-19 “serve per la discontinuità”, di cui l’Italia deve approfittare. “Quello a cui abbiamo assistito nella gestione di questa crisi è il passaggio dalla logica dell’austerità alla logica della competitività”, e dunque l’Italia deve fare tesoro di questo mutato quadro europeo, sottolinea ancora Scannapieco.
La BEI fin qui ha fatto molto per venire incontro alle esigenze tricolori. Su 25 miliardi di euro erogati per rispondere all’emergenza COVID, l’Italia è stato il principale beneficiario con 6,6 miliardi, pari a circa il 30% del totale. Nel presentare i risultati dello scorso anno, Scannapieco ha quindi precisato che di questi 6,6 miliardi che la BEI ha destinato all’Italia, due miliardi sono stati destinati alla sanità, per la creazione di 8.000 posti in terapia intensiva e sub-intensiva, 651 pronto soccorso e 9.600 assunzioni.
Più in generale, complessivamente l’Italia nel 2020 ha beneficiato di 11,9 miliardi di euro dalla BEI, che hanno reso possibile generare investimenti complessivi per 32,4 miliardi di euro. Quasi un quinto (17,8%) degli interventi totali dell’istituto di credito dell’UE è avvenuto in Italia. Qui sono state finanziate lo scorso anno 53.809 piccole e medie imprese, permettendo il sostegno di oltre mezzo milione di posti di lavori (504.718).
“Siamo contenti di aver dato una mano al nostro Paese”, continua Scannapieco. Ora però il Paese deve aiutarsi da sé. Facendo le riforme, facendole bene e in fretta, con tutte le valutazioni del caso. In tal senso risponde anche a chi gli chiede dell’ESM, il meccanismo salva-Stati che può concedere prestiti a condizioni agevolate fino al 2% del PIL nazionale per interventi in sanità. Come per il recovery fund, l’invito e a non avere un approccio limitato. “Non ne farei una questione politica, bensì matematica. Deve farlo il Tesoro questo calcolo”, e dire se il risultato ne vale pena.