Bruxelles – L’idea di un certificato di vaccinazione in alternativa ai test per viaggiare in Ue è sempre più concreta. La Commissione Europea sta lavorando con gli Stati membri su come metterla in pratica e si cerca un approccio condiviso entro fine gennaio, “per consentire ai certificati degli Stati membri di entrare rapidamente in uso nei sistemi sanitari in tutta l’UE e oltre”. È quanto raccomanda la Commissione in una comunicazione sulla situazione del Covid pubblicata oggi, che servirà da base per la discussione tra i leader europei che si riuniranno giovedì 21 in videoconferenza.
La Commissione usa il termine “certificato” e non passaporto (come spesso riportato dai mezzi di stampa) e la scelta è voluta, come spiega in conferenza stampa il vicepresidente Margaritas Schinas, perché di certificato generalmente si parla quando si tratta di vaccinazioni. I certificati in questione dovranno essere riconosciuti a livello europeo in modo da consentire spostamenti tra Paesi dentro l’area Schengen ma anche fuori dai confini dell’Ue. Nella piani del Berlaymont questi certificati di vaccinazione dovranno rispettare la legislazione europea in materia di protezione dei dati.
La proposta di un certificato delle persone vaccinate arriva dal premier greco e sta già incontrando diverse perplessità tra Paesi come Francia e Germania che finora non si sono detti favorevoli. Secondo questi governi il punto è che questi certificati potrebbero facilmente creare un problema di discriminazione, almeno fino a quando non sarà data a tutti la possibilità di accesso ai vaccini. I leader europei dovranno trovare un equilibrio per evitare discriminazioni ma sembra che ormai la proposta abbia preso piede a Bruxelles. “Discuteremo l’opportunità di un approccio comune alla certificazione e, se del caso, in quali circostanze si potrebbe ricorrere ai certificati”, ha pre-annunciato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, nella sua tradizionale lettera d’invito ai leader di stato e governo.
Accelerare la vaccinazione in Europa
Vaccinare entro l’estate almeno il 70 per cento della popolazione adulta negli Stati membri, fissando entro marzo l’obiettivo di vaccinare almeno l’80 per cento delle persone di età superiore agli 80 anni e l’80 per cento degli operatori sanitari e sociali in ogni Stato membro. La Commissione Europea fissa questi obiettivi a breve e lungo termine ed esorta gli Stati membri ad accelerare l’immunizzazione di massa, avviata nel Continente a fine dicembre. “Accelerare la vaccinazione in tutta l’UE è la nostra priorità assoluta”, ha scritto anche Michel.
L’accenno a un generico “entro l’estate” è molto vago e fa capire che anche la stessa Commissione europea non ha molto chiaro in mente come andranno le vaccinazioni in queste settimane, se gli Stati saranno in grado di vaccinare i tre quarti della loro popolazione o meno. A partire dal fatto che non è sicura di avere dosi a sufficienza per farlo. La speranza è che vengano approvati in fretta dall’EMA nuovi potenziali vaccini per affiancare Moderna e Biontech-Pfizer in questo cammino.
Ma la richiesta di andare più rapidi con le vaccinazioni sembra infatti in netto contrasto con i ritardi annunciati da Biontech-Pfizer – le case farmaceutiche da cui la Commissione ha prenotato più dosi in assoluto, 600 milioni – e che rischiano di fatto di rallentare la catena di vaccinazione in molti Stati membri in questo primo trimestre del 2021. Per questo bisognerà vedere giovedì come sarà accolta questa proposta dai capi di Stato e di governo. Intanto, la Commissione fa sapere nella sua comunicazione che insieme agli Stati membri e all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) sta facendo pressione sulle aziende farmaceutiche, in particolare Pfizer e Biontech, per potenziare la capacità di produzione di vaccini, che a questo punto sembra essere il “tallone d’achille” della strategia europea di vaccinazione.
Aumentare la capacità di sequenziamento del Coronavirus
La Commissione ha invitato di nuovo gli Stati a continuare ad applicare il distanziamento, limitare i contatti sociali, combattere la disinformazione sul Coronavirus, ma scoraggia anche tutti i viaggi che non sono strettamente necessari, fino a che la situazione epidemiologica non sarà migliorata.
Un punto chiave è rappresentato dalla ricerca sul virus. I Paesi dovrebbero aggiornare le loro strategie di test per tenere conto delle nuove varianti del Coronavirus che si diffondono in maniera più veloce ed espandere l’uso dei test rapidi antigenici. Si chiede agli Stati membri di aumentare con urgenza la loro capacità di sequenziamento del genoma del virus ad almeno il 5 per cento e preferibilmente il 10 per cento dei risultati positivi del test. Secondo i dati della Commissione europea (come si vede dal grafico sotto), la maggior parte degli Stati membri testano solo l’1 per cento dei campioni, che non è sufficiente per identificare la progressione delle varianti o rilevarne eventuali nuove.