Roma – Un Consiglio dei ministri a tensione altissima ha approvato il Recovery plan italiano ma il governo Conte sembra arrivato al capolinea. Il piano, quasi 223 miliardi, il più imponente mai approvato da un esecutivo ha avuto l’ok con l’astensione delle due ministre di Renzi, Teresa Bellanova e Elena Bonetti. In giornata dovrebbero lasciare la compagine governativa insieme al sottosegretario Ivan Scalfarotto, annuncio previsto dallo stesso leader Matteo Renzi in una conferenza stampa.
Le motivazioni di non approvazione del Recovery, riscritto da capo nell’ultima settimana, restano ambigue e al limite del pretesto. “Miglioramenti non sufficienti e in ritardo” ha spiegato la delegazione renziana a Palazzo Chigi, mettendo sul piatto ancora il MES, il piano vaccinale inadeguato, il record di morti per Covid. Un appunto che ha irritato pesantemente Conte: “Il MES non è ricompreso nel Next Generation, non è questa la sede”. Dura replica anche sul resto, con il premier che ha invitato Italia Viva a “non speculare sul numero dei decessi in Italia per invocare l’attivazione del prestito sanitario, accostamento che offende la ragione e anche l’etica”. Uno scambio di fuoco, chiamando in causa anche il caso della Germania che “pur investendo il doppio sulla sanità, si ritrova adesso con il doppio dei morti giornalieri”.
Pur avendo in più occasioni mostrato favore al prestito sanitario, in questa partita i ministri del PD si schierano con il premier. Il MES non c’entra e “questo è il più grande piano di investimenti mai visto in Italia. Con le risorse europee ora il nostro Paese può cambiare davvero”, dice il ministro Roberto Gualtieri che ha lavorato fino all’ultimo con il collega per gli Affari europei Enzo Amendola per rimodulare le cifre, con l’obiettivo di passare l’esame della Commissione europea e accogliere molte richieste di Italia Viva. “Un gran lavoro che va oltre ogni polemica” conclude il titolare dell’Economia.
Ma gli sforzi non bastano ancora a Renzi, che punta a un nuovo governo disarcionando Conte, dicendosi pronto anche all’opposizione nel caso si andasse alla sfida dell’aula (nel caso del Senato), dove continua il lavoro per trovare una pattuglia di senatori disponibili a votare una fiducia, magari con un rimpasto. Se i renziani si sfilano, dallo staff di Palazzo Chigi ribadiscono che il premier sarebbe indisponibile a guidare un nuovo governo con il loro appoggio, mettendo così nel conto anche l’uscita dalla crisi con il drastico epilogo dello scioglimento delle Camere.
La partita è dunque già nelle mani dell’arbitro, il presidente Sergio Mattarella, che negli ultimi giorni ha fatto ogni sforzo per convincere gli attori a scongiurare una crisi, “in un momento così delicato per il Paese” e invitando le forze politiche a un sussulto di serietà. Un’amarezza, mista alla preoccupazione di dover affrontare la pandemia con lo stallo delle trattative per far nascere un nuovo esecutivo che si preannunciano lunghe e complicate, e che, nel migliore dei casi, porterebbero a una maggioranza rammendata e sul filo del voto di fiducia.
Ed evocando il discorso di fine anno agli italiani del Capo dello Stato, ha fatto appello alla responsabilità, “a maggioranza e opposizione, a Roma come in tutte le Regioni”, anche il Ministro della Salute Roberto Speranza, nel suo intervento alla Camera. Ricordando che “siamo ad un passaggio decisivo nella battaglia contro il Coronavirus”, che potrebbe riprendere la sua corsa proprio mentre dobbiamo portare avanti contemporaneamente la più grande campagna di vaccinazione della nostra storia recente”. E con un chiaro riferimento alle vicende di governo chiede di “tenere la salute degli italiani fuori dalla battaglia politica”