Roma – E’ giunta oggi a Palazzo Chigi la nuova bozza del Recovery plan che il ministro dell’Economia e i tecnici del MEF si sono incaricati di riscrivere, o meglio di ricalibrare le risorse da destinare alla ripresa. Il nuovo testo sarà sottoposto all’esame di un Consiglio dei ministri che dovrebbe essere convocato nei prossimi giorni, non prima di quella che il premier Giuseppe Conte ha definito “sintesi politica” da parte della maggioranza. Ed è quella la sede in cui si capirà se l’opposizione di Matteo Renzi sarà superata, trovando lo sbocco anche alla crisi aperta da Italia Viva. Crisi che riguarda altri aspetti dell’azione di governo, dal MES alla delega sui servizi di sicurezza e incluso un rimpasto di ministri.
La nuova bozza del piano di ripresa (nel quadro complessivo dei 196 miliardi destinati all’Italia dal Recovery and resilience facility europeo) porterebbe a un aumento della quota degli investimenti fino al 70% , riducendo così sussidi e bonus, ma soprattutto prevede la crescita dei fondi da stanziare dagli iniziali 105 miliardi di euro a 125, con un rafforzamento consistente a favore della sanità che dovrebbe raddoppiare la quota fino a 18 miliardi (inglobando però anche i trasferimenti da altri capitoli dell’edilizia sanitaria), per la cultura (più 4 miliardi) e per il Sud. Oltre a ricalibrare la distribuzione delle risorse e limitare il più possibile i microprogetti, nel nuovo testo è stata inserita anche una parte significativa dei Fondi di coesione, già previsti nel bilancio, e che dovrebbero portare la quota di investimenti per il mezzogiorno al 40%.
La revisione del piano ripresa nazionale punta a superare mini interventi e bonus che, soprattutto in Europa avevano suscitato molte perplessità ed erano emerse già nella prima fase del confronto con la Commissione. Il secondo obiettivo è la trattativa politica che incrocia la crisi strisciante aperta da Renzi con le doglianze sul Recovery ma poi allargata ad altro. Uno di questi è l’ultimatum sul MES, richiesta su cui gli equilibri di maggioranza non consentono a Conte di cedere per l’opposizione del Movimento 5 Stelle.
Come era prevedibile però, il merito delle richieste cede il passo alle questioni personali, con Renzi che chiede ancora il passo indietro di Conte, e aprire quella che nella prassi viene definita “crisi al buio”, senza accordo preventivo. Un passaggio che nessuna delle altre forze politiche della coalizione approva, facendo quadrato sul premier considerato unico punto di equilibrio della coalizione. Dal Partito democratico continuano poi a non escludere l’ipotesi del voto anticipato, qualora la forzatura di Italia Viva andasse fino in fondo non consentendo altre maggioranze possibili. L’altro sbocco, di una maggioranza da cercare in aula al Senato con l’ingresso in maggioranza di un gruppo di “responsabili”, continua ad essere nel mazzo delle ipotesi, anche se la soluzione non sarebbe gradita al Quirinale che vorrebbe evitare maggioranze improvvisate e in balia dei piccoli ricatti.