Roma – Prima era il Recovery plan con la task force, poi la delega sui servizi di sicurezza e ancora le scelte sulla legge di bilancio. Oggi Matteo Renzi sceglie i vaccini per puntare il dito contro il governo, un bombardamento quotidiano per arrivare allo show down che porterebbe al ritiro delle sue ministre dall’esecutivo nei prossimi giorni.
Le tensioni della fine dell’anno sembrano avviare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte verso una istituzionalizzazione della crisi senza però portarla in Parlamento. Il primo tentativo è di provare a rilanciare l’azione di governo con un rimpasto e con la possibilità che lo stesso leader di Italia Viva entri nell’esecutivo. In subordine, la possibilità di dimissioni e reincarico con un nuovo esecutivo che passerebbe per un voto di fiducia delle due Camere e dunque tempi più lunghi. A blindare la guida di Palazzo Chigi per un ‘Conte ter’, il Partito democratico e Movimento 5 Stelle che hanno bloccato i tentativi di una maggioranza allargata con altro premier. In ogni caso, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella bisognerà passare. L’arbitro del Quirinale resta ufficialmente silente, lasciando aperte tutte le strade di soluzione della crisi, inclusa quella che tutti, anche nell’opposizione di centrodestra, temono maggiormente: le elezioni anticipate.
Ma oltre le soluzioni più o meno drastiche, sono i tempi a preoccupare, con gli impegni più urgenti a cominciare dal contrasto alla pandemia, la campagna di vaccinazione partita proprio nei giorni scorsi e naturalmente il Recovery and resilience facility. Bruxelles attende i piani nazionali entro la primavera, dopo il colpo di reni dato per chiudere il quadro finanziario pluriennale e far partire prima possibile finanziamenti e prestiti. Dopo che per mesi l’Italia ha fatto pressing, ora si ritrova alle prese con una crisi nel governo evitabile ma che inevitabilmente porterà a un ritardo nella presentazione del piano nazionale. Le ultime assicurazioni del premier Conte annunciavano la data di metà febbraio ma lo stallo nel governo o, peggio, un percorso istituzionale che obbliga a consultazioni e trattative, difficilmente consentirà di rispettare tale data.
Non va poi dimenticato che pur tenendo fuori dal computo il programma Next generation EU, dal mese di marzo scorso l’Italia ha già accumulato oltre 140 miliardi di deficit e l’anno si chiuderà in rapporto con il Pil intorno all’8%. Christine Lagarde presidente della Banca centrale europea ha confermato gli stimoli monetari con ulteriori 500 miliardi, ma il bazooka di Natale non dovrebbe far dimenticare l’esposizione verso i mercati finanziari del debito del Tesoro e le possibili sofferenze (anche solo in termini di spread e dunque di spesa per interessi) in presenza delle nuove incertezze politiche. Anche in occasione dell’approvazione della legge di bilancio il 30 dicembre, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, ha ricordato il dovere di tenere sotto controllo la finanza pubblica e che i prossimi prestiti previsti nell’ambito del Recovery fund dovranno essere compatibili con questo quadro. Lo scontro velato all’interno del governo si insinua su questo delicato passaggio e Renzi, che insiste nel tenere aperta anche la partita del prestito sanitario del MES, fingerebbe di puntare il mirino sul premier per spostarlo poi sul ministro dell’Economia. Ma se questo fosse l’obiettivo, la strada sarebbe sbarrata dal Quirinale.