Bruxelles – L’accordo di Natale ha dato una risposta all’uscita del Regno Unito dall’UE, evitando una Brexit disordinata. Ma passata l’euforia degli annunci e speso un po’ di tempo per studiare le oltre 1.200 pagine di intesa, ecco affiorare uno dopo l’altro i vari nodi di un accordo che alla fine soddisfa solo l’Unione. Perché il governo di sua maestà adesso dovrà iniziare a fare i conti con una realtà tutt’altro che rosea. L’accordo di Natale lascia fuori le isole Falklands, tagliando fuori i possedimenti artici dal futuro commerciale.
Da un punto di vista pratico vuol dire che non si applicherà il regime “dazi zero” in questo quadrante di mondo. A farne le spese soprattutto i pescatori. Il 75% del reddito locale dipende dalla pesca, con i calamari a rappresentare il punto di forza del settore. Con l’arrivo del nuovo anno gli abitanti delle isole Falkland hanno iniziato a pagare tariffe comprese tra il 6% e il 18% per i prodotti che entrano nel mercato europeo.
Ma questo vale per tutti possedimenti in giro per il mondo, visto che, ai sensi dell’accordo di Natale, “il presente Accordo non si applica ai territori d’oltremare che hanno rapporti speciali con il Regno Unito: Anguilla; Bermuda; Territorio antartico britannico; Territorio britannico dell’Oceano Indiano; Isole Vergini Britanniche; Isole Cayman; Isole Falkland; Montserrat; Isole Pitcairn, Henderson, Ducie e Oeno; Sant’Elena, Ascensione e Tristan da Cunha; Georgia del Sud e Isole Sandwich meridionali; e Isole Turks e Caicos”. Tutti questi possedimenti perderanno i benefici fiscali di cui godevano.
Tutto ciò è già stato usato politcamente dall’Argentina. Daniel Filmus, ministro argentino per le isole Malvinas (come lì si chiamano le Falklands), l’Antartide e il Sud Atlantico ritiene che questa esclusione delle isole dall’accordo sulle relazioni future metta Buenos Aires in una posizione migliore per rivendicare la sovranità del territorio britannico d’oltremare. “La mancata inclusione delle Isole Malvinas nell’accordo sulla Brexit è stata una delle questioni che il ministro degli Esteri Felipe Sola ha inserito nei colloqui con l’Alto rappresentante dell’UE e con tutti i ministri degli esteri europei con cui ha parlato quest’anno”, ha dichiarato nel corso di un’intervista a Clarin. Con tutti “ha sollevato la posizione argentina sulla validità della risoluzione 2065 dell’ONU e l’esistenza di una controversia sull’esercizio della sovranità, che secondo i nostri diritti e i nostri costituzione corrisponde all’Argentina”.
Il ministro per le Malvinas non ha dubbi: “La decisione dell’UE di non includere le Falkland, la Georgia del Sud e il Sandwich meridionale rispetta questo punto di vista“. Parole, queste, che gettano benzina sul fuoco. Il premier britannico Boris Johnson accusa Bruxelles. “L’Unione europea è stata estremamente intransigente nell’escludere i nostri territori d’oltremare dalle negoziazioni commerciali. Ma non temete, noi non vi lasceremo mai soli”. La stampa britannica parla di un modo per punire il Regno Unito per la scelta di abbandonare il club a dodici stelle, ma si rischia di cadere nel tranello della politica.
L’esclusione delle Falklands dai trattati Brexit ha una ripercussione anche per l’UE, in particolare per le compagnie europee che operano nelle acque territoriali delle Falklands. Ne sono un esempio i tanti pescherecci spagnoli. Il 25% dei calamari venduti ogni anno nel porto galiziano di Vigo provengono da lì, tanto per fare un esempio. Ma certo è che al rinnovato confronto tra Regno Unito e Argentina per le Falklands/Malvinas si ripropone lo scontro tra Europa e Gran Bretagna per una Brexit voluta solo dagli inglesi (e gallesi).