Roma – Correre sul Recovery fund, progetti selezionati seguendo i cardini del Next generation EU, il meccanismo europeo per la ripresa, e corsie preferenziali. Sui venti di crisi no a ultimatum ma non si può galleggiare e “non lavoro ad altre maggioranze”.
Tra le fibrillazioni di governo e il calendario sempre più stretto per il Recovery nazionale, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte affronta la stampa nella consueta conferenza di fine anno e in una dimensione “normale”, con quaranta giornalisti presenti fisicamente.
Il braccio di ferro con Italia Viva e il futuro dell’esecutivo impegna gran parte dell’incontro con i giornalisti ma ci sono soprattutto gli impegni con l’Europa e i progetti da definire per accedere alle risorse dell’UE. Conte ha spiegato di “avere fin dall’inizio condiviso la scelta delle corsie preferenziali” suggerita dal commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, così come di adottare “una struttura per una capacità di spesa rapida, e di monitoraggio per accelerare le decisioni”. Pur senza oscurare i compiti dei ministeri l’orientamento è quello di adottare “una clausola di salvaguardia”, una misura con la quale è chiaro “cosa succede quando si accumulano ritardi, perché non possiamo permetterci di perdere risorse”.
La task force e la bozza tecnica su cui si è lavorato finora lascia dunque il testimone alla sintesi politica, ovvero la decisione sulla governance la distribuzione delle risorse e le priorità dei progetti. “Tutto sarà in sintonia con le linee guida del Next generation EU”, il green deal, l’innovazione e gli investimenti della transizione ecologica, anche “l’attuale CIPE diventerà Comitato per la programmazione economica e sostenibile”. Conte poi respinge con determinazione l’accusa di ritardi e spiega che dall’accordo di luglio “si è lavorato giorno e notte al piano nazionale”, e parlare di slittamenti di qualsivoglia natura è ingeneroso “prima di tutto verso il ministro Enzo Amendola che ha coordinato i tavoli del recovery nazionale”. Conte spiega che si tratta di progetti su cui devono essere valutati i diversi impatti, economico, ambientale, sociale e per ognuno di questi deve essere declinato il cronoprogramma. “Ora dobbiamo stringere e arrivare alla sintesi politica – spiega Conte – auspico di poter chiudere questa fase nei primi giorni di gennaio per poter poi cominciare il confronto con le parti sociali e portare il piano in Parlamento”. L’obiettivo è di “concentrare le risorse che abbiano la maggiore attitudine a modernizzare il Paese”.
Sul ricorso al MES resta ferma sulla posizione che “sarà il Parlamento a decidere” pur ricordando che l’Italia “non potrà sostenere tutti i prestiti a disponibili” e deve fare scelte in equilibrio “per mantenere in ordine la finanza pubblica”. Troppi debiti significano tagli alla spesa in settori strategici, perciò “non possiamo prendere in giro i nostri giovani”.
Nell’affrontare i temi dell’imminente partenza del piano vaccinale, il premier ha assicurato il massimo sforzo per arrivare a terminare la prima fase in torno al mese di aprile tra dieci e quindici milioni di cittadini vaccinati. E sulla polemica nata dalle dosi extra acquistate dalla Germania, ha spiegato che il governo ha rispettato le regole, che “l’Italia non ha fatto altrettanto perché l’accordo sull’approvvigionamento comune firmato da Commissione e Stati membri, non consentiva acquisti separati in forma bilaterale”.
Tornando ai temi della crisi e alle minacce di Renzi di uscire dalla maggioranza, Conte assicura di “non voler sfidare nessuno” e che da presidente del Consiglio ha “la responsabilità di fare sintesi e portare avanti il programma di governo”. Se dice di “non voler credere a uno scenario di crisi in una situazione come quella attuale”, aggiunge che per riconquistare “fiducia e coesione nella maggioranza bisogna agire in trasparenza e in modo franco” e per questo il premier spiega che “il passaggio parlamentare è fondamentale per evitare che la crisi si consumi in una stanza chiusa. Con un passaggio chiaro i cittadini possono farsi un’idea di ciò che accade e le forze politiche prendersi ognuna le sue responsabilità”.
Per Conte, che sull’argomento cita Aldo Moro, “gli ultimatum non sono ammissibili, non appartengono al mio bagaglio politico e culturale” perché sono un mezzo “per far precipitare le cose e impedire di arrivare a una soluzione. Sono per il dialogo e trovare una sintesi superiore”. Poi svia ancora la domanda su un eventuale ‘partito del premier’: “Abbiamo fatto la legge finanziaria, c’è il recovery fund, siamo qui per programmare le risorse del bilancio pluriennale europeo, non posso distogliermi da questo per mettermi in una campagna elettorale”.
Ricordando il recente intervento in Libia che ha portato alla liberazione dei marittimi siciliani e la trattativa con il generale Kalif Haftar, Conte rilancia la necessità di stabilizzazione Stato nordafricano. “Il ‘processo di Berlino’ rimane un percorso fragile” che è necessario proseguire con la nomina del nuovo mediatore delle Nazioni unite nell’area. “L’Italia non arretrerà mai per una Libia unita e indipendente da interferenze esterne, e da parte nostra c’è un attenzione rinnovata in questo dossier, diplomatica, dell’intelligence ma non con l’opzione militare che abbiamo sempre scartato”.