Gli avvenimenti degli ultimi sei o sette mesi del 2020, e qualcuno che accadrà nel 2021 ma che è già noto, hanno posto le basi per come sarà l’Unione europea del futuro, diciamo una decina di anni.
L’Unione sarà ancora un grande mercato ed una potenza economica, ma i modi in cui lo sarà seguiranno due strade possibili: una maggiore integrazione o una “integrazione differenziata” questa volta decisamente spinta. Non dovrebbe più restare l’Ue nel guado di questi ultimi anni. Anche la partita Brexit è giunta ad una sua conclusione, e l’Unione potrà così concentrarsi sul proprio futuro, anche se con un importante partner in meno, ma non abbandonato al suo destino, con il quale resteranno relazioni forti. Quali saranno lo sapremo solo nel corso del tempo. Per ora sappiamo solo che il premier Boris Johnson ha ammesso che le cose, in particolare per l’accesso al Mercato Unico continentale, “non sono andate così avanti come speravamo”.
Dicevamo due strade, ambedue difficili da percorrere. La prima potrebbe essere seguita se tutto andrà bene: se il piano Next Generation EU funzionerà per tutti, se la campagna vaccinale del 2021 avrà successo, se si riuscirà a “rimettere in riga” Paesi dalle spinte centrifughe come Polonia e Ungheria. Se, come sembra da alcuni segnali elettorali, la forza dei partiti sovranisti e anti-europei scemerà. In questa prospettiva del successo su tutti i fronti giocheranno un ruolo decisivo anche di fattori esterni, il primo dei quali è la presidenza di Joe Biden (per quattro, o otto anni, o magari con un cambio con Kamala Harris) che ha posto fine a quella di Donald Trump, che per anni ha lavorato alla disgregazione dell’Unità europea, non riuscendoci più di tanto, se non incoraggiando politici sovranisti come Viktor Orban o altri all’opposizione nei loro Paesi. La risposta alle minacce dell’espansionismo cinese potrà essere un fattore di compattamento per l’economia e la politica europea. Verso la Russia, se continueranno politiche che hanno visto l’Unione unita (pensiamo alle sanzioni per l’annessione della Crimea, o alla reazione all’avvelenamento dell’oppositore Nalvalny) Mosca potrebbe avere meno successo nella disinformazione destabilizzante che alimenta.
La nuova presidenza USA consentirà anche di riprendere le fila del funzionamento della NATO, alla quale i Paesi europei dovranno contribuire economicamente di più (arrivando almeno a quel 2 per cento del Pil che tutti i presidenti statunitensi dal 2014 richiedono), ma nel quadro di un rilancio delle politiche della Difesa, in particolare industriali, alle quali l’Unione ha preso a lavorare con qualche lena.
La seconda strada vedrebbe invece prevalere la linea del presidente francese Emmanuel Macron, che da sempre sostiene lo sviluppo di un’Europa a più velocità. Un esempio, per capire di cosa stiamo parlando, è l’euro, moneta adottata da gran parte dei Paesi membri, ma non da tutti. Macron ha tentato questa carta anche nella recente crisi dei veti di Polonia e Ungheria, proponendo di attuare il Recovery plan senza di loro. E qui c’è una protagonista, la cui uscita di scena annunciata per il settembre del 2021, con le prossime elezioni politiche nel suo Paese, potrebbe far cambiare il vento. Angela Merkel è una ferma sostenitrice del dialogo, del trovare la via per procedere tutti insieme, di pari passo. Se dunque il piano di rilancio non funzionerà appropriatamente per tutti, se i vaccini dovessero riservare brutte sorprese, se, e torniamo sempre lì, Polonia e Ungheria dovessero continuare a mettersi di traverso come fanno ora su tante politiche europee, allora ecco che un’Unione che avanza a più velocità diventerebbe realtà.