Bruxelles – L’Ungheria è venuta meno agli obblighi previsti dal diritto dell’Unione in materia di immigrazione. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’UE, che condanna Budapest nella causa avviata dalla Commissione nel 2015, anno della crisi migratoria. In quell’occasione l’Ungheria ha modificato la propria legislazione nazionale, introducendo di zone di transito al confine con la Serbia. E’ stata introdotta inoltre la nozione di “situazione di crisi causata da un’immigrazione di massa”, che permette di agire in deroga alle norme generali. L’azione in deroga è stata seguita anche nel 2017, con una nuova legge.
La Corte fa chiarezza, e stabilisce che l’eccesso di deroga costituisce una violazione del diritto comunitario. in particolare l’Ungheria è venuta meno al proprio obbligo di garantire
un accesso effettivo alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, in
quanto i cittadini di Paesi terzi che desideravano accedere, a partire dalla frontiera serbo-
ungherese, a tale procedura si sono trovati di fronte, di fatto, alla quasi impossibilità di
presentare la loro domanda. Ancora, è contrario al diritto UE il trattenimento dei richiedenti in zone di transito, oltretutto già censurate dal Consiglio d’Europa.
Ancora, la Corte respinge l’argomento dell’Ungheria secondo cui la crisi migratoria avrebbe
giustificato il ricorso a deroghe alla direttiva “procedure” e alle procedura “accoglienza”. Il principio di emergenza “deve essere interpretato restrittivamente”, quando invece il governo di Budapest “non fornisce sufficiente dimostrazione della necessità che aveva di ricorrervi”.
Ma la condotta irregolare di Budapest non si esaurisce qui. C’è almeno un’altra condotta considerata illegale dai giudici di Lussemburgo, quella del respingimento senza dare modo ai richiedenti asilo di presentare ricorso. E’ convinzione della Corte di Giustizia che “l’Ungheria non abbia rispettato il diritto”, conferito a qualsiasi richiedente protezione internazionale, di rimanere nel territorio dello Stato membro interessato dopo il rigetto della sua domanda, fino alla scadenza del termine previsto per la presentazione di un ricorso avverso tale rigetto o, se è
stato presentato un ricorso, fino all’adozione di una decisione su quest’ultimo.
La Commissione può dunque procedere contro l’Ungheria, che dovrà ritirare le leggi nazionali contestate. Il braccio di ferro tra Budapest e Bruxelles continua.