Bruxelles – I Ventisette Stati membri Ue inizieranno insieme, “tutti lo stesso giorno”, la campagna di vaccinazione contro il Covid-19, “così come abbiamo agito insieme durante tutto l’arco di questa pandemia”. Non dice il giorno né l’ora, ma la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, conferma davanti all’Europarlamento l’intenzione di partire tutti insieme con un ‘Vaccino day’ simbolico, appena ci sarà effettivamente un vaccino approvato dall’Agenzia europea del farmaco con cui vaccinarsi.
“Insieme e uniti”, ripete la tedesca. Un po’ per dare il senso di una forte Unione che si è presentata frammentata per buona parte della pandemia, un po’ anche per dare uno smacco al Regno Unito che è partito da solo con la campagna di vaccinazione diverse settimane prima. Meno di una settimana per l’autorizzazione da parte dell’EMA del vaccino di Biontech-Pfizer – prevista il 21 dicembre “se possibile” – e “iniziare immediatamente la vaccinazione in tutti i Paesi, per poi continuare l’anno prossimo”, spiega von der Leyen parlando di fronte alla plenaria, che ha successivamente approvato con un voto la linea della Commissione. Il lavoro più gravoso sarà riuscire a vaccinare almeno il 70 per cento della popolazione dell’Unione europea, che è pari a circa 450 milioni di individui Von der Leyen avverte che sarà “una sfida enorme”. Infezioni e ricoveri continuano a crescere in Europa ma “adesso abbiamo la speranza del vaccino”.
In totale la Commissione europea ha pre-acquistato un portafoglio ampio di vaccini che dovrebbe consentirle di distribuirlo a tutti i Paesi membri e anche ai partner vicini dell’Ue, come i Balcani. Secondo la presidente, la Commissione ha acquistato addirittura dosi in eccesso per essere sicura. Tra i vaccini più promettenti che finiranno al vaglio dell’EMA, l’Esecutivo ha pre-acquistato 300 milioni di dosi di vaccino della partnerhip Pfizer-BioNTech; ulteriori 300 milioni di dosi con Astrazeneca; e 160 milioni con Moderna.
Battere definitivamente il Covid-19 è la “grande sfida del prossimo anno”, ha ricordato anche il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Con il Covid “siamo stati colti di sorpresa, ma ci stiamo riprendendo e nella ripresa riusciremo a riconvertire la nostra economia”. Non si possono tollerare ulteriori ritardi sul pacchetto europeo anti-crisi fatto di Bilancio a lungo termine e strumento temporaneo di ripresa, che con oltre 1.800 miliardi di euro finanzierà la ripresa del Continente. Servirà investire su transizione “digitale e verde, renderà le nostre economie più resilienti, per andare avanti riforme, investimenti massicci dove è necessario”, ha aggiunto von der Leyen. Dopo l’accordo del Vertice europeo della scorsa settimana, sul pacchetto voterà in via definitiva un Parlamento europeo complessivamente soddisfatto di aver raggiunto un accordo storico. Ora però è tempo di attuarlo in concreto, senza ulteriori ritardi.
“Abbiamo raggiunto risultati senza precedenti: un budget per i prossimi sette anni, l’Unione Europea ha effettuato la sua prima emissione di obbligazioni”, ha ricordato la capogruppo dei Socialisti e Democratici, Iraxte Garcia Perez, intervenendo al dibattito. “Abbiamo imparato molto dalla crisi del 2008, l’austerità non è la risposta”. Soddisfatto del pacchetto e soprattutto di aver superato il veto di Ungheria e Polonia sul meccanismo di condizionalità a tutela dello stato di diritto il Partito popolare europeo. “Un risultato storico”, dice il capogruppo Manfred Weber.
“Chiediamo la sua applicazione immediata, indipendente e rigorosa per fermare l’indebolimento dei nostri valori e per proteggere il nostro stile di vita”. Dal Consiglio europeo è arrivato il via libera “per sostenere i cittadini e le economie duramente colpite dalla pandemia”, sottolinea anche la co-presidente dei Verdi Ska Keller, la quale non ha mancato di ricordare il “triste spettacolo da parte dei governi di Ungheria e Polonia, che volevano prendere in ostaggio il Recovery Fund”. Sempre dal gruppo ambientalista, la deputata Terry Reintke si è scagliata contro il Partito popolare europeo – di cui fa parte anche il partito Fidesz del premier ungherese Viktor Orban – invitandolo a maggiore responsabilità sul ruolo di Fidesz, tra le righe rinnovando l’invito a espellerlo. Non serve un altro “dibattito su dove Orban e Fidesz stanno andando, un atteggiamento che rischia di minare stato di diritto, diritti fondamentali e democrazia. Cos’altro serve per agire”.
La solita nota negativa sul compromesso raggiunto dai leader arriva dal gruppo di Identità e Democrazia, di cui la Lega fa parte all’Europarlamento. “Immotivata l’euforia per un accordo ambiguo, dopo mesi di fratture e contraddizioni tra istituzioni europee. Per colpa dell’atteggiamento arrogante della maggioranza del Parlamento Europeo, che si è impuntata su uno strumento facendo perdere tempo prezioso a tutta l’Europa, oggi abbiamo a che fare con ritardi inaccettabili”, ha accusato Marco Zanni. Il voto odierno non risolve alcunché, ma garantisce un futuro di incertezze giuridiche e costituzionali, con un ruolo ambiguo dato alla Corte di Giustizia europea”, dice in riferimento alla condizionalità dello stato di diritto che prevede l’intervento del Tribunale dell’Unione nelle cause sollevate contro uno stato membri nei casi di violazione sistematica dello stato di diritto. Ai timori di alcuni eurodeputati su un possibile ritardo nell’attuazione del regolamento sullo stato di diritto – dovendo aspettare i tempi della Corte – la presidente von der Leyen ha voluto chiarire che il regolamento sarà in vigore dal primo gennaio 2021 e che tutte le violazioni perpetrate dal quel momento saranno giuridicamente perseguibili.
Superato lo stallo su Bilancio e strumento di ripresa, alle Istituzioni europee preme risolvere positivamente anche il nodo di Brexit e delle future relazioni commerciali tra Ue e Regno Unito. Manca pochissimo alla fine del periodo transitorio (31 dicembre 2020), ma aggiornando gli eurodeputati sullo status di avanzamento dei negoziati la presidente dell’Esecutivo ha fatto sapere che “siamo molto vicini ma allo stesso tempo molto lontani gli uni dagli altri”. Superato lo stallo sulla governance, rimangono distanze sul Level playing field (“su cui vogliamo equa concorrenza reciproca per i mercati”) e sulla pesca (su cui la “discussione è molto difficile” e “a volte c’è l’impressione che potremo risolvere questo problema”). Ad oggi “non posso dirvi se ci sarà o no un accordo ma c’è una strada verso un accordo, forse è stretta ma c’è” dice von der Leyen. Ed è responsabilità di entrambe le parti “continuare a cercare”, sostiene anticipando che i “prossimi giorni saranno decisivi”.