Bruxelles – È con una lettera indirizzata al segretario generale del Consiglio UE, Jeppe Tranholm-Mikkelsen, che l’Associazione della stampa internazionale di Bruxelles (API-IPA) ha denunciato una situazione critica sul piano di lavoro dei giornalisti, con particolare attenzione ai corrispondenti dalle istituzioni europee a Bruxelles, causata dalle conseguenze della pandemia Covid-19. “Il contatto personale con ministri, portavoce, funzionari o altri colleghi giornalisti è stato ridotto praticamente a zero”, ha scritto la presidente Katalin Halmai. “Dobbiamo accontentarci di incontri virtuali, ma il contatto diretto con le nostre fonti è essenziale per il corretto svolgimento del nostro compito”.
La situazione più preoccupante riguarda l’impossibilità prolungata per mesi di non avere accesso ai locali del Consiglio, soprattutto in occasione dei vertici ministeriali e dei leader UE: “Era ed è quasi impossibile porre domande ai leader o ai ministri direttamente al loro arrivo agli edifici Lipsius ed Europa”. Una sola dichiarazione in camera, nessuna domanda da parte dei giornalisti: “Questo offre loro l’opportunità di evitare questioni complesse e di controllare la comunicazione, ma allo stesso tempo mina il nostro ruolo giornalistico di analisti critici della politica“. Il rischio è che si mettano a tacere i cani da guardia del potere, per dirla in altri termini. Halmai ha ricordato che in passato è già stata sollecitata “la possibilità che almeno alcuni giornalisti fossero presenti a questi doorstep”, ma “finora le nostre richieste non hanno avuto successo, come si è visto anche al Consiglio Europeo della scorsa settimana”.
Nonostante siano state offerte “maggiori opportunità per i media audiovisivi di svolgere correttamente il proprio lavoro” nell’ultima settimana, per l’Associazione internazionale della stampa non è abbastanza: “Vi esortiamo ancora una volta a garantire che al prossimo Consiglio europeo o ai vertici ministeriali i giornalisti possano porre domande ai leader europei“. Sempre nel rispetto delle “necessarie restrizioni di sicurezza legate alla pandemia di Coronavirus”, ha specificato la presidente, come nel caso dei “briefing fisici con la stampa prima e dopo le riunioni del Consiglio che alcuni leader organizzano autonomamente”.
In gioco c’è la libertà di stampa e di informazione: “Se le misure sanitarie del Belgio impediscono un effettivo controllo democratico della politica europea da parte dei media, allora devono essere trovate altre soluzioni”, ha concluso la presidente Halmai. “La comunicazione virtuale non deve diventare la nuova normalità”.
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