Bruxelles – Il 14 dicembre 2020 è un giorno che rimarrà come pietra miliare nella storia della Bielorussia. A due giorni dalla cerimonia di conferimento del Premio Sakharov 2020 per la libertà di pensiero ai leader dell’opposizione civile al regime del presidente Alexander Lukashenko (mercoledì 16 dicembre, ore 12), il Parlamento Europeo ha ospitato gli interventi degli attivisti e delle attiviste bielorusse per riconfermare il supporto europeo e la volontà di compiere ulteriori passi in avanti. “Il governo bielorusso è l’unico in Europa a essere sanzionato per il non rispetto dei diritti umani”, ha ricordato il presidente della commissione per lo Sviluppo, Tomas Tobé. “Questo Premio è l’espressione più visibile del nostro impegno per la protezione dei diritti umani”, ha continuato. “Siete la dimostrazione dell’importanza della difesa dei diritti e della democrazia anche in Europa. Non possiamo accettare compromessi sul nostro continente”.
Ricordando l’origine delle proteste pacifiche contro Lukashenko (i risultati delle elezioni considerati anche dall’UE come manipolati dal presidente che governa da 26 anni il Paese), il presidente della commissione per lo Sviluppo si è soffermato sul momento della svolta di questo impegno civico dei leader dell’opposizione: “Quando la polizia antisommossa è stata mobilitata per impedire il vostro diritto di manifestare, siete diventati gli agenti di un cambiamento democratico che viene dal basso”. Ma non solo: “Serve leadership per mobilitare il popolo e per promuovere la pace. Voi avete avuto il coraggio di assumerla e anche se l’esito è ancora incerto, noi plaudiamo al vostro esempio con questo Premio”.
Un impegno fondamentale riconosciuto anche dal presidente della commissione Affari esteri, David McAllister: “Siete un gruppo eterogeneo di sindacalisti, blogger, giornalisti, attivisti, ma rappresentate tutto il popolo. La campagna di terrore di Lukashenko è destinata a fallire, vi sosterremo per tutto il tempo che sarà necessario”. Con una metafora calzante offerta dalla presidente della commissione Diritti umani, Marie Arena: “Quando si leva vento libertà e si afferma la volontà di aspirazione democratica, nulla può fermare il popolo. Il Premio Sakharov è una famiglia per chi difende i diritti calpestati ovunque nel mondo“.
Davanti ai deputati delle tre commissioni del Parlamento UE, si è levata forte la voce delle tre donne che hanno guidato la sfida elettorale del 9 agosto contro il presidente bielorusso: Veronika Tsepkalo (in persona a Bruxelles), la candidata alle presidenziali, Sviatlana Tsikhanouskaya (in collegamento da Berlino) e Maria Kolesnikova, al momento in carcere in Bielorussia ma rappresentata dalla sorella Tatsiana Komich. “In pochi pensavano che potessimo arrivare a un risultato, perché tanti avevano paura che niente sarebbe cambiato”, ha rivendicato Tsepkalo. “Ma se non noi, chi altro avrebbe potuto farlo? Eravamo tre donne a combattere, Maria (Koleshnikova, ndr) ora è in prigione”. La moglie di Valery Tsepkalo (candidato a cui è stata impedita la corsa alle presidenziali) ha ricordato che “il regime non bada alla celebrità, mette chiunque in prigione, anche leggende dello sport come la cestista Yelena Leuchanka“. Storie di violazioni di diritti umani, proprio sul continente europeo: “I prigionieri politici sono costretti in celle piccolissime, sovraffollate, in cui dormono a turno, si ammalano senza assistenza sanitaria e non hanno la possibilità fare una doccia calda”. In alcune celle “non ci si può sedere né sdraiare, è una vera e propria tortura. Questo è il modo con cui cercano di stroncare l’opposizione”.
La storia del rapimento e incarcerazione di Kolesnikova è stata riportata dalla sorella, presente a Bruxelles: “Non ha fatto nulla di illegale, se non lottare per i diritti umani e impostare il dialogo tra autorità e popolo. Ora stanno cercando di cambiare la sua personalità, è vittima di abusi, minacce e pressioni psicologiche”. Tuttavia, l’attivista è riuscita a far avere dal carcere un discorso per l’occasione: “Alla vigilia delle elezioni avevo paura e dubbi, e infatti è successo quello che temevo”, inizia la lettera. “La mia vita è cambiata completamente, ma anche quella dei cittadini della Bielorussia: stiamo scrivendo un pezzo di storia del nostro Paese“. Lo scopo dei leader e delle leader dell’opposizione “non è essere eroi, siamo uomini e donne che vogliono portare la libertà in Bielorussia, ma non si può fare dalle prigioni”. Per questo, “chi è libero deve rallegrarsi della propria libertà e lottare ogni giorno per conservarla o conquistarla”. La chiosa è un appello internazionale: “La Bielorussia deve far parte di una comunità libera e democratica in Europa. È un peccato che il Paese soffra di abusi e violazioni, perché i suoi cittadini hanno dimostrato che c’è del buono in Bielorussia”.
Il discorso più atteso era però quello della candidata alle presidenziali e leader legittima riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya: “Il Parlamento Europeo con le sue risoluzioni è fondamentale per amplificare la nostra voce a livello internazionale. Chiediamo tolleranza zero e impedire alle imprese europee di collaborare con il regime e suoi alleati“. Tsikhanouskaya ha ricordato di poter rivestire il ruolo di leader per il periodo di transizione verso nuove elezioni: “Abbiamo un programma di dieci punti per garantire il rispetto degli standard internazionali. Potete contare su di me, parlo a nome di tutti cittadini”. Gli stessi cittadini che a migliaia vengono incarcerati e in molti casi torturati: “Dal 9 agosto, 32 mila bielorussi sono stati arrestati, viviamo in uno stato di terrore“. Che non sia un’esagerazione lo dimostrano alcune storie: “Come quella di una donna di 87 anni finita sotto processo due giorni fa per aver esposto la bandiera rossa e bianca, simbolo del nostro movimento. È sopravvissuta all’Olocausto, aveva 8 anni nel 1941 ad Auschwitz, e ora sta vivendo una nuova situazione di terrore”. L’ultima preoccupazione di Tsikhanouskaya è per il futuro: “Dal 21 dicembre le frontiere del Paese saranno chiuse per evitare che centinaia di bielorussi possano scappare. Abbiamo bisogno della diplomazia europea”.
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L’intervento degli eurodeputati
In risposta alle parole delle leader dell’opposizione bielorussa, è arrivato l’appoggio incondizionato degli eurodeputati. “Rappresentate non solo voi stesse, ma milioni di persone che condividono lo stesso sogno, quello di una Bielorussia libera e democratica”, ha esordito Robert Biedron (S&D), presidente della delegazione parlamentare per le relazioni con la Bielorussia. “Moralmente siete già nell’Unione Europea e questo è il destino che vi spetterà di diritto“, ha aggiunto. “Da mesi mi chiedo cos’altro possiamo fare perché questo sogno si realizzi. Vogliamo fare tutto il possibile per accogliervi nella nostra famiglia europea”. Il presidente della delegazione UE all’assemblea interparlamentare Euronest, Andrius Kubilius (PPE), ha accentuato la portata delle manifestazioni: “La vostra vittoria cambierà tutto il continente, anche la Russia. È una rivoluzione online con una leadership femminile, un esempio che tutto il mondo può vedere“. Con un messaggio finale al regime di Lukashenko, che sa di minaccia: “Cominciate a prepararvi al Tribunale di Giustizia Internazionale”.
Tutti i gruppi parlamentari (fatta eccezione per ID e GUE, di cui nessun esponente ha preso parola) hanno sostenuto con voce unanime questa linea. “Ci impegniamo a sostenere la lotta contro Lukashenko, che è appoggiato solo dal presidente russo, Vladimir Putin”, ha dichiarato il popolare tedesco Michael Gahler. “Il nostro pacchetto per la transizione democratica non è né pro o contro la Russia, ma solo a favore della Bielorussia”. Per i socialdemocratici ha preso parola la svedese Evin Incir: “Al centro del nostro impegno c’è il sostegno al popolo bielorusso per trasformare l’ultima dittatura in Europa in una democrazia. La nostra responsabilità è fare il massimo con sanzioni contro Lukashenko e i suoi ‘bravi’ e con appelli internazionali”. La spagnola Soraya Rodriguez (Renew) ha ricordato che “la rivoluzione civica e pacifica bielorussa ha un volto di donna ed è il simbolo di speranza per tutti coloro che nel mondo lottano per la libertà contro le dittature”. Il Premio Sakharov è il “riconoscimento per tutto il popolo bielorusso e un impegno del Parlamento e della società europea nei vostri confronti”.
Secondo Viola von Cramon-Taubadel (Verdi/Ale) “non siamo ancora arrivati all’obiettivo di una Bielorussia libera e democratica. Dobbiamo accogliere l’appello di Tsikhanouskaya di aiuto al Paese nel momento di chiusura delle frontiere, per aiutarli a vivere più serenamente nel futuro”. Il polacco Kosma Zlotowski (ECR) ha posto l’accento sul fatto che “democrazia significa responsabilità e noi come Parlamento dobbiamo assumerci quella di sostenere questa lotta in ogni modo possibile”. L’europarlamentare italiano del Movimento 5 Stelle, Fabio Massimo Castaldo, ha infine attaccato il regime di Lukashenko, ricordando che domani (mercoledì 16 dicembre) “il Parlamento UE revisionerà i rapporti con la Bielorussia per aumentare la pressione sulla dittatura”.
In chiusura, è stata l’attivista bielorussa Olga Kavalkova a dare alcune indicazioni sui prossimi passi che può compiere l’UE per mettere in ginocchio il regime del presidente illegittimo: “Manteneteci all’ordine del giorno nei vostri dibattiti pubblici. Vietate l’ingresso nell’Unione agli alti funzionari. Evitate il commercio con enti o organizzazioni vicine al regime”. E infine, sul breve periodo, “sostenete la società civile bielorussa e discutete di proposte come l’esenzione del regime dei visti per bielorussi, nel momento in cui scatterà la chiusura delle nostre frontiere”.