Bruxelles – Per un accordo sul nuovo Patto per l’Immigrazione e l’Asilo proposto dalla Commissione europea, potrebbe volerci ancora molto. È certo che un accordo non ci sarà durante la presidenza tedesca al Consiglio Ue, di turno ancora fino alla fine dell’anno. “Spero in progressi positivi durante la presidenza del Portogallo al Consiglio dell’UE” sottolinea la commissaria Ylva Johansson al termine del Consiglio Affari Interni (14 dicembre), l’ultimo con le redini dell’Unione in mano alla Germania. Lisbona guiderà il prossimo semestre dell’Unione a partire dal primo gennaio.
Al Consiglio Interni – che si è svolto in videoconferenza – la presidenza di Berlino ha presentato la sua relazione dei progressi sullo status dei negoziati all’interno del Consiglio. Progressi si sono registrati ma non abbastanza da fare concreti passi avanti per un accordo. Su molti punti “c’è convergenza da parte degli Stati membri”, come sul “rafforzamento delle frontiere esterne” (per le quali il Patto prevede screening rafforzati), “una migliore gestione dei rimpatri e delle migrazioni sicure”, nonché della dimensione esterna delle migrazioni, che significa rafforzare le partnership con i Paesi terzi o quelli di transito”, ha spiegato il sottosegretario tedesco agli Interni, Stephan Mayer, in conferenza stampa.
Ma rimangono sostanziali le distanze tra i Paesi membri soprattutto sulla questione della solidarietà e della responsabilità che i Paesi dovrebbero condividere nonché il peso sui Paesi di primo ingresso – come Italia, Spagna e Malta. Nella proposta della Commissione europea si conserva in parte il ‘principio del Paese di primo ingresso’ – il nucleo duro del regolamento di Dublino, e anche il punto più critico, che vincola i rifugiati a identificarsi e rimanere nel primo paese dell’Unione europea in cui hanno messo piede – anche se sono state estese le opzioni con cui gli Stati membri possono contribuire a un meccanismo più solidale e più rapido di trasferimento dei migranti in arrivo in Europa o di rimpatrio nei Paesi di origine.
Mayer ha sottolineato la complessità di riuscire a trovare un accordo su un tema come quello di trovare un approccio europeo alla politica migratoria. Di certo, lo scoppio della pandemia non è stato d’aiuto alla presidenza di Berlino che è riuscita a organizzare riunioni e vertici in presenza solo in rare occasioni. La relazione di progresso della Germania sarà lasciata in eredità alla presidenza di Lisbona. La commissaria Johansson ha evidenziato invece il ruolo costruttivo “da parte della Germania”, di cui elogia “il lavoro prezioso”. Di sicuro ha posto una buona base di partenza per iniziare a lavorare sul serio durante la presidenza del Portogallo e probabilmente della Slovenia, che gli farà seguito. Per la commissaria europea è stata “incoraggiante la risposta degli Stati membri sul patto” che hanno dimostrato alla videoconferenza di oggi. Riconosce ancora, come già in precedenza, che la proposta non è perfetta ma rappresenta una buona base per lavorare”. In soli due mesi dalla proposta (del 23 settembre) e con il Covid-19 di mezzo, di più non era possibile sperare.