Bruxelles – La gestione dell’emergenza Covid mette a rischio da democrazia nell’Unione. E’ il risultato di una ricerca presentata oggi da un analista che appartiene ai servizi interni del Parlamento europeo (dunque senza l’intervento di parlamentari e che non rappresenta la posizione di una commissione o di un servizio) in un seminario dal titolo “The European Parliament Administration facing the challenge of eDemocracy” (L’amministrazione del Parlamento europeo di fronte alla sfida della eDemocracy) al quale hanno partecipato oltre 220 persone e che Eunews ha potuto seguire on line.
Le conclusioni dello studio individuano sei punti di impatto: 1) Il lockdown mette la democrazia in quarantena; 2) I primi ministri limitano la democrazia attraverso dei decreti; 3) L’attività del parlamento è enormemente ridotta; 4) Le garanzie di controllo democratico non sono sufficienti; 5) C’è una tendenza a prolungare indefinitamente lo stato d’emergenza; 6) Si presenta il rischio di una sorveglianza totalitaria.
Il testo mette in evidenza come un po’ in tutta Europa ci sia stato un dibattito su questi rischi, come anche in Italia, sottolineando poi il caso dell’Ungheria. “Il caso che ha sollevato le maggiori preoccupazioni, per non dire denunce di deriva verso l’autoritarismo, è quello dell’Ungheria. In occasione dell’emergenza Covid-19, il Parlamento ungherese ha concesso al primo ministro Viktor Orbán ampi poteri non solo per governare senza supervisione, senza pesi e contrappesi, ma anche per prolungare lo stato di emergenza a tempo indeterminato senza l’approvazione del Parlamento”. Situazione alla quale la Commissione ha reagito in maniera “relativamente veloce” e il Parlamento “è intervenuto in modo diretto e determinato al suo più alto livello politico, da quando la plenaria ha adottato una risoluzione dedicando un’intera sezione
alla tutela della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali”.
Il Parlamento europeo però, afferma lo studio, è un baluardo nella difesa dei valori e dei metodi democratici: “Per come stanno le cose oggi, l’approccio operativo dell’Amministrazione del Parlamento all’eDemocracy è molto ricco, molto ampio e molto solido. Ci sono infatti molti progetti già realizzati, molti in corso, e molte idee da sviluppare in futuro”.
I lavori del seminario sono stati conclusi dal segretario generale del Parlamento, Klaus Welle, che ha sottolineato i vantaggi che la eDemocracy, la ‘democrazia on line’ porta invece al lavoro dell’Eurocamera, in particolare nell’apertura che permette di offrire al rapporto con i cittadini. Questione particolarmente importante, ha detto il capo dei funzionari parlamentari, anche perché la democrazia europea è un modello molto particolare “nel quale esiste una divisione tra i poteri, in qualche modo simile a quella che c’è negli Stati Uniti”, perché nell’Unione non c’è un rapporto di fiducia tra il Parlamento (che rappresenta direttamente i cittadini) e il ‘governo’, come accade in tutti gli Stati dell’Unione, e le istituzioni dunque procedono per continui negoziati. “Il Parlamento non condivide necessariamente la posizione della Commissione o degli Stati: abbiamo la nostra”, ha spiegato Welle, secondo il quale la nostra Unione deve essere definita “federale, tra Istituzioni europee, Stati, Regioni ed anche autorità locali”, in una dimensione enorme, continentale.
Grazie alla eDemocracy, ha sostenuto il Segretario generale, “i deputati e i funzionari possono lavorare in collegamento da ovunque siano, ed ascoltare qualunque tipo di ospite”. E recentemente, durante la campagna di invito alla partecipazione al voto per le elezioni europee, “abbiamo potuto verificare che i cittadini si sono connessi con noi, esprimendo la volontà di partecipare, non solo di dire la loro”. Tra l’altro la tecnologia permette, grazie al servizio di interpretariato, di superare anche il problema delle 24 lingue diverse che usano i cittadini dell’Unione, portando a tutti dibattiti ed informazioni nella loro lingua.
“Ora possiamo rivolgerci direttamente ai cittadini, senza la necessità del filtro dei giornalisti corrispondenti da Bruxelles – ha aggiunto Welle – perché grazie agli interpreti possiamo portare ovunque i nostri lavori”.
Il frutto importante, ha sostenuto il Segretario generale, “è che questo permette all’Unione di essere affidabile ed in contatto diretto con i cittadini. I servizio Informatico da servizio puramente organizzativo è diventato il centro della modernizzazione del Parlamento”. Secondo Welle “così la nostra Unione federale non è separata dai cittadini, e i cittadini si interessano al nostro lavoro”.