Bruxelles – Ai capi di Stato e governo è servita una notte intera. Dopo ore di trattative (circa dieci), il Consiglio europeo ha assunto l’impegno comune di ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 55 per cento entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990), come proposto dalla Commissione europea a settembre. “L’Europa è la leader nella lotta contro i cambiamenti climatici. Abbiamo deciso di tagliare le emissioni di almeno il 55% entro il 2030”, ha annunciato su Twitter il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Nel quadro dei negoziati con il Parlamento europeo sulla Legge sul clima, Bruxelles dovrebbe quindi adeguare l’attuale obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40 per cento e portarlo al 55 per cento entro il 2030. Il tutto al netto di un accordo con il Parlamento sulla Legge clima.
I leader si erano presentati al Vertice europeo divisi sulla questione climatica, con i soliti Paesi dell’Est Europa – Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, ma soprattutto la Polonia più “indietro” dal punto di vista della decarbonizzazione della loro economia e per questo più restii a raggiungere l’intesa, e chiedendo al Consiglio maggiori aiuti finanziari da parte di Bruxelles per la transizione. Sembra che delle quasi dieci ore di trattative notturne sia responsabile in particolare Mateusz Morawiecki, il premier della Polonia che proprio un anno fa – al vertice del 12 e 13 dicembre 2019 – si era “sfilata” anche dall’obiettivo di neutralità climatica da raggiungere entro la metà del secolo.
Se un anno fa Varsavia aveva “rotto” il fronte sul clima, oggi i leader sono riusciti almeno nell’intento di trovare l’unanimità sull’obiettivo intermedio al 2030. Non senza difficoltà, come testimonia la notte in bianco appena trascorsa. “Ma ne è valsa la pena”, ha sottolineato in conferenza stampa la cancelliera Angela Merkel, presidente di turno dell’Ue. Secondo fonti europee, le discussioni sono andate tanto per le lunghe durante la notte perché uno Stato membro – la Polonia – ha cercato di strappare agli altri la certezza di più finanziamenti dal Fondo di modernizzazione per il proprio settore energetico. Nel quadro della revisione del sistema di scambio quote di emissione dell’Ue (ETS) la Commissione europea ha previsto per il periodo post-2020 proprio un Fondo per la modernizzazione per promuovere gli investimenti nella modernizzazione del settore energetico e favorire una transizione equa in regioni dipendenti dal carbonio in 10 Stati membri a reddito più basso. Gli altri Stati a quanto si apprende non hanno dato questa certezza, riconoscendo però almeno nelle conclusioni che ci sono “squilibri che devono essere affrontati” per garantire una transizione più equa possibile.
“Le istituzioni europee riconoscono che gli Stati hanno punti di partenza diversi per quanto riguarda la decarbonizzazione”, ha chiarito Charles Michel in conferenza stampa. Tra le principali “garanzie” che sono date alla Polonia e agli altri Paesi dell’Est, secondo il politico belga, c’è anche lo strumento temporaneo di ripresa e Bilancio europeo a lungo termine, per un totale di circa 1824 miliardi di euro distribuiti per sette anni (compreso il Fondo per la transizione giusta). Secondo le intenzioni di Bruxelles, almeno il 30 per cento di bilancio e fondo di ripresa andranno investiti dagli Stati in azioni per il clima. “Ritorneremo sulla questione nel quadro di altri vertici del Consiglio europeo”, ha detto Michel. In altri termini, spiegano fonti europee il Consiglio europeo dovrà “affrontare nuovamente il problema del cambiamento climatico nella prima metà del prossimo anno”.
Le conclusioni del Vertice
Tutti d’accordo sul fatto che raggiungere la neutralità climatica al 2050 debba considerarsi un obiettivo da raggiungere collettivamente dall’Unione europea, e non singolarmente dagli Stati. “Tutti gli Stati membri parteciperanno a questo sforzo, tenendo conto di considerazioni di equità e solidarietà, senza lasciare nessuno indietro”, si legge nel testo delle conclusioni. Questa è una delle questioni che creeranno più attrito con l’Europarlamento (il quale chiede che l’obiettivo sia perseguito singolarmente dagli Stati membri) ma che di fatto ha accelerato il raggiungimento di un accordo in seno al Consiglio: gli Stati più lenti nella decarbonizzazione potranno essere di fatto “compensati” da quelli più veloci, essendo l’obiettivo da raggiungere a livello di Unione.
Una decisione – come ha ricordato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen – che arriva a un anno esatto dalla presentazione del Green Deal europeo, 11 dicembre 2019, la strategia economica e politica lanciata dalla Commissione europea per rendere più sostenibile dal punto di vista climatico e ambientale la vita dei Paesi europei. “Un grande modo di celebrare il primo anniversario del nostro Green Deal”, commenta su Twitter. Il nuovo target per il 2030 servirà a stabilire un “chiaro percorso verso la piena neutralità climatica entro il 2050”.
Great way to celebrate the first anniversary of our #EUGreenDeal!
#EUCO has endorsed our ambitious proposal for a new EU climate target.
Europe will reduce emissions by at least 55% by 2030.
It puts us on a clear path towards climate neutrality in 2050.
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) December 11, 2020
“Molto soddisfatto dell’approvazione da parte del Consiglio europeo del nostro obiettivo di riduzione delle emissioni del -55 per cento per il 2030”, il commento di Frans Timmermans, il vicepresidente esecutivo responsabile per il Green Deal. “L’Europa è sulla buona strada per la neutralità climatica e pronto a guidare una corsa globale allo zero”. Domani, 12 dicembre, la presidente von der Leyen pronuncerà a nome dell’Unione un discorso nel quinto anniversario degli Accordi di Parigi sul clima al Climate Ambition Summit, un vertice organizzato dall’ONU, il Regno Unito e la Francia in collaborazione con Cile e Italia in vista della COP26 di Glasgow del prossimo novembre. È un buon segnale che l’UE si presenti a questo appuntamento internazionale con un chiaro obiettivo climatico intermedio e non spaccata (ancora una volta) sugli obiettivi di sostenibilità ambientale. L’accordo raggiunto “essenziale” anche secondo il presidente francese Emmanuel Macron. “L’Unione europea ha dimostrato di essere all’altezza delle sue ambizioni climatiche. È un segnale importante e un’ambizione concreta”.
Soddisfatti da Bruxelles, ma non solo. “Nottata intensa di lavoro al Consiglio Europeo coronata dalla chiusura positiva sul Green Deal”, scrive in un tweet il premier Giuseppe Conte. “Neutralità climatica pensando alle nuove generazioni”. Gli fa eco anche il ministro per gli Affari Europei, Enzo Amendola, che saluta l’accordo come un “altro risultato importantissimo ottenuto, un altro passo decisivo verso la neutralità climatica nel 2050”. “Importante risultato con l’accordo, nonostante l’opposizione di alcuni Paesi dell’est, per la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030. Un passo avanti verso la neutralità climatica nel 2050. Al lavoro per un’Europa più solidale e sostenibile”, così su Twitter la presidente della Commissione Ambiente alla Camera, Alessia Rotta.
Una decisione solo politica
Decisione importantissima per gli obiettivi climatici a lungo termine, sono in molti a sottolinearlo. Ma quelle adottate dai leader di Stato e governo sono conclusioni di natura prettamente politica. Sull’aggiornamento del target al 2030 serviva il via libera del Consiglio europeo, ma in concreto il lavoro tecnico sulla Legge sul clima lo faranno i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio. Su questo ha insistito ieri anche il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, il quale ha rivendicato il ruolo del Parlamento in quanto co-legislatore. In una risoluzione dell’8 ottobre, l’Eurocamera ha fissato l’asticella ancora più in alto, chiedendo di ridurre del 60 per cento le emissioni entro il 2030. I negoziati a tre – tra Parlamento, Commissione e Consiglio – sono iniziati lo scorso 30 novembre e si preannunciano faticosi, con l’Eurocamera che spingerà per avere maggiori rassicurazioni (come un percorso a tappe e un nuovo obiettivo per il 2040, l’istituzione di un Comitato scientifico per il clima e il monitoraggio sui progressi compiuti dagli Stati membri).
“Ci stanno preparando per una trattativa difficile”, ha affermato Jytte Guteland (S&D), il principale legislatore del Parlamento europeo sulla legge clima. “I capi di Stato e di governo hanno raggiunto un accordo, ma l’obiettivo è troppo basso per raggiungere l’obiettivo di 1,5 gradi. Non è così che rallentiamo la crisi climatica”, ha commentato l’europarlamentare dei Verdi, Michael Bloss. “Non riesco a capire quanto poco prendiamo la scienza di fronte alla crisi climatica. L’ultima parola non è stata ancora detta sull’obiettivo climatico”, sottolinea ricordando il mandato negoziale nelle mani del Parlamento europeo. Si dice soddisfatto invece il liberale Pascal Canfin, presidente della commissione Ambiente all’Europarlamento (quella competente per la Legge clima): “Questo accordo è potenzialmente un passo decisivo che cambierà radicalmente la nostra economia”.