Bruxelles – Come nelle partite di calcio bloccate sullo 0 a 0, anche per i negoziati post-Brexit tra Unione Europea e Regno Unito il tempo sta inesorabilmente scivolando via, senza che si riesca in qualche modo a risolvere l’impasse. Nemmeno la cena di lavoro di ieri sera tra la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e il premier britannico, Boris Johnson, ha portato a una svolta decisiva per la definizione delle relazioni tra le due parti dal 1° gennaio 2021. Le squadre negoziali guidate da Michel Barnier e David Frost sono state invitate a tornare al tavolo di lavoro: entro domenica si saprà se sarà deal o no deal, divorzio ordinato o meno. Ma, quando mancano esattamente tre settimane alla fine del periodo di transizione, la Commissione ha iniziato i preparativi per uno scenario senza accordo, mentre Downing Street fa sapere che è “categoricamente esclusa” un’estensione della transizione post-Brexit.
“Non c’è alcuna garanzia che, se e quando verrà trovato un accordo, esso potrà entrare in vigore in tempo”, ha fatto sapere su Twitter la presidente von der Leyen. “Dobbiamo essere preparati anche per non avere un accordo in vigore il 1° gennaio“, è stato l’avvertimento prima dell’inizio del Consiglio Europeo. Su Bruxelles aleggia “una notevole incertezza” riguardo la possibilità di raggiungere un’intesa con la controparte. Per questo motivo “la Commissione Europea ha presentato una serie di misure di emergenza mirate“, con lo scopo di “far fronte al periodo in cui non sarà in vigore alcun accordo”. Non è una novità l’invito da parte della Commissione a tutte le parti interessate a prepararsi per ogni possibile scenario. Ma oggi è stato più pressante l’avvertimento che “con un no deal alcuni settori potrebbero essere colpiti in modo sproporzionato, a causa della mancanza di soluzioni di riserva”.
Negotiations are still ongoing but the end of the transition is near. There is no guarantee that if & when an agreement is found it can enter into force on time. We have to be prepared including for not having a deal in place on 1 January. Today we present contingency measures ⤵️ pic.twitter.com/FQ4Urn9YUC
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) December 10, 2020
Che ci sia o meno un’intesa in extremis tra le parti, l’interruzione di alcuni servizi avverrà in ogni caso a partire dal 1° gennaio, proprio per la decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione e di non partecipare al Mercato unico e all’Unione doganale. Per mitigare le conseguenze che si verificheranno nel caso di no deal, sono quattro le misure di emergenza proposte dalla Commissione, basate sulla necessità che vi sia reciprocità da parte britannica.
Assicurare collegamenti aerei e collegamenti stradali di base, attraverso la proposta di regolamenti per garantire per sei mesi sia la fornitura di servizi aerei tra UE e Regno Unito, sia il trasporto di merci e passeggeri su strada, “a condizione che il Regno Unito garantisca lo stesso”. C’è poi la questione della sicurezza aerea, una proposta di regolamento per garantire che i diversi certificati di sicurezza possano continuare a essere utilizzati senza interruzioni, evitando così il blocco dei velivoli UE.
Ultimo punto – ma non per importanza, considerato il tema centrale nei negoziati – sulla pesca: la volontà è quella di creare un “quadro giuridico appropriato” fino alla fine del prossimo anno o fino a un’intesa tra le parti, “per il continuo accesso reciproco delle navi UE e del Regno Unito alle rispettive acque dell’altro dopo il 31 dicembre 2020”. L’importanza di questa misura d’emergenza è stata ribadita dalla Commissione: “Alla luce del ruolo della pesca per il sostentamento economico di molte comunità, è necessario facilitare le procedure di autorizzazione dei pescherecci”.
La risposta britannica
Da parte di Downing Street per ora c’è stato un secco rifiuto di confermare se saranno accettati i primi tre piani proposti dall’UE, anche se il premier Johnson li “esaminerà da vicino”, ha commentato un portavoce del governo. Riguardo la misura di emergenza sulla pesca, lo stesso portavoce ha segnalato che “il premier non la accetterà nei termini avanzati dalla Commissione UE”. La proposta sarebbe “incompatibile con il nostro status di Paese costiero indipendente“, ha spiegato. “Come abbiamo detto durante i negoziati, alla fine del periodo di transizione riprenderemo il controllo delle nostre acque”.
Londra non ha comunque chiuso alla possibilità di arrivare a “mini-accordi settoriali” in caso di mancata intesa generale con l’UE e ha ribadito che entrambe le parti stanno da tempo mettendo a punto “piani di emergenza temporanei su questioni di confine” in vista di uno scenario che sta diventando ogni giorno sempre più probabile. Il portavoce del governo britannico – contrariamente a quando ventilato dalla sua controparte europea due giorni fa – ha però escluso “categoricamente” che possa essere accettata un’estensione del periodo di transizione post-Brexit oltre il 31 dicembre da parte del premier Johnson, “comunque vadano a finire i negoziati con Bruxelles”. Downing Street auspica ancora di raggiungere un accordo di libero scambio con l’UE, “ma solo se compatibile con la ritrovata sovranità del nostro Paese”, come ha riferito alla Camera dei Comuni la segretaria di Stato per la difesa, Penny Mordaunt. “Non possiamo accettare un compromesso sul controllo della nostra moneta, delle nostre leggi, dei nostri confini e del nostro pesce”, perché “l’unico accordo possibile è uno che rispetti la nostra sovranità”.
Le reazioni a Bruxelles
“Il Parlamento Europeo è sempre stato chiaro durante tutto questo processo: siamo pronti a sostenere un partenariato ambizioso, ampio ed equilibrato con il Regno Unito, che sarebbe reciprocamente vantaggioso”. È stato questo il commento sulla questione da parte del presidente del Parlamento UE, David Sassoli, durante l’apertura del Vertice europeo di oggi. “Siamo davvero al punto finale per raggiungere un accordo sulle nostre future relazioni”. Sassoli ha ricordato che il Parlamento Europeo “ha lavorato instancabilmente durante tutto il processo” e ha ripetuto che “sarebbe pronto a farlo anche durante il periodo natalizio, per esaminare e ratificare un testo entro il 31 dicembre”. Constatando l’importanza dei tre dossier irrisolti (pesca nelle acque britanniche, level playing field e governance), il presidente Sassoli ha affermato che “un accordo è sempre meglio di un non-accordo”. In caso contrario, “mi auguro che le misure di emergenza della Commissione arrivino già dalla prossima settimana per essere approvate dal Parlamento”.
Il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, ha precisato che “colmare il divario in un tempo così limitato non è facile, ma la Commissione è pienamente impegnata per provare a farlo”. Sull’esito dei negoziati, il commissario italiano ha preferito non sbilanciarsi: “Se mi chiedete quale sarà la fine, è molto difficile rispondere”. Prima del Consiglio Europeo il premier irlandese, Michael Martin, ha invece dichiarato di voler far presente agli altri leader europei “l’importanza di fare tutto il possibile per trovare un’intesa commerciale col Regno Unito, in modo tale che le relazioni future siano sostenibili”. Se è vero che “nessuno sottostima la sfida”, rimane però “molto difficile portarla a termine”, ha ammesso il premier. La partita della Brexit non si sblocca, l’impasse tra le parti rimane e il tempo sta scorrendo via senza risultati tangibili.