Bruxelles – Alta tensione a Bruxelles dove si sta tentando di superare il veto di Polonia e Ungheria sul Bilancio Ue a lungo termine e Next Generation EU in vista del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre. Ne hanno discusso i ministri degli Affari europei nel consueto Consiglio (virtuale) che precede il Vertice europeo. “Questa settimana sarà decisiva”, sintetizza il ministro tedesco degli Affari europei, Michael Roth, che ha presieduto il vertice, chiarendo che non ci saranno ripensamenti da parte di Berlino sulla condizionalità dello stato di diritto negoziata con il Parlamento europeo e su cui Ungheria e Polonia hanno posto il veto. “È nostra responsabilità comune attuare l’accordo di luglio”.
Non è nelle intenzioni della cancelliera Angela Merkel chiudere il suo semestre di presidenza di turno all’UE (e l’ultima in assoluto per lei) con un fallimento di tale entità. Il tempo scarseggia ma la Germania “fino all’ultimo giorno di mandato si sentirà responsabile per l’attuazione dell’accordo” trovato a luglio dai capi di Stato e Governo e salutato come “storico”. Se il veto dei due Paesi non dovesse essere superato, la Commissione europea è già pronta ad andare lo stesso avanti sul Recovery con un piano di emergenza a 25 Stati, di fatto escludendo Varsavia e Budapest, attraverso uno strumento di cooperazione rafforzata sotto la guida dell’UE oppure attraverso un accordo intergovernativo (come nel caso del Mes).
La presidenza di Berlino ha dato a Budapest e Varsavia un ultimatum fino a giovedì per chiarire la loro posizione definitiva, in modo che i capi di Stato e governo possano decidere al Vertice che tipo di percorso intraprendere senza di loro. Il ministro tedesco ha chiarito però che dietro le quinte al Consiglio si lavora strenuamente a un compromesso che possa essere accolto “da tutti e 27 gli Stati membri”. Sulla stessa linea il presidente del Consiglio Charles Michel, che la scorsa settimana si è impegnato a trovare una soluzione che coinvolga tutti gli Stati europei.
“Non ci saranno cambiamenti sulla condizionalità dello stato diritto”, ha aggiunto Roth, anche se per ora la posizione di Ungheria e Polonia non sembra essersi ammorbidita. Il quadro giuridico di riferimento che è stato frutto di negoziati difficili con il Parlamento europeo a questo punto non può più essere modificato. L’Eurocamera sembra dello stesso avviso: “Per il Parlamento europeo non si rinegozia nella sostanza l’accordo che è stato raggiunto nei triloghi”, ha detto il capogruppo del PPE al Parlamento europeo, Manfred Weber, che però come l’esecutivo europeo sostiene a questo punto un piano B a 25 stati, escludendo dallo strumento di ripresa Ungheria e Polonia. L’idea della presidente Ursula von der Leyen – membro a sua volta del Partito popolare europeo – “è una opzione sul tavolo anche se nessuno la vuole, ed è un chiaro segnale per i nostri partner”, dice Weber.
Questa mattina, prima di incontrare virtualmente gli omologhi europei, Roth ha ribadito che sarebbe da irresponsabili bloccare ancora il sostegno finanziario agli Stati membri. Con l’accordo storico raggiunto a luglio “abbiamo fatto una promessa ai cittadini dell’Unione europea per uscire dalla crisi in maniera più solidale possibile”, ha ricordato Roth. E’ certo che tutto ciò che si negozia in queste ore dovrà essere approvato con estrema fretta, a poche settimane dalla fine del 2020. Al Quadro finanziario pluriennale per i prossimi sette anni (2021-2027) è infatti legato a doppio filo non solo il Recovery Fund ma anche al budget per il 2021 per il quale lunedì 7 dicembre era l’ultimo giorno per trovare un accordo. Non tutto è perduto: se i leader riuscissero a sbloccare lo stallo al prossimo vertice UE di giovedì e venerdì, le istituzioni potrebbero approvare senza emendamenti il budget per il prossimo anno, senza entrare nel 2021 in esercizio provvisorio di bilancio.