Bruxelles – Colpire anche i bambini malati. Il regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, sembra non fermarsi davanti a nulla. Né davanti alle proteste di massa che vanno avanti quasi ininterrottamente dallo scorso 9 agosto – giorno delle contestate elezioni presidenziali – né di fronte alla pressione internazionale che ha portato a dure prese di posizione da parte del Parlamento Europeo e alla preparazione del terzo pacchetto di sanzioni UE. La repressione della dissidenza interna è stata portata avanti in diverse maniere, dagli arresti arbitrari da parte delle forze di sicurezza alle violenze in strada da parte di agenti in borghese, ma ora sembra che si sia passati al livello successivo: l’accanimento indiscriminato contro la popolazione, laddove si possa colpire qualche voce critica che si leva troppo rumorosa oltre i confini nazionali.
È quello che è successo a Olga Velichko, direttrice dell’Ospedale dei bambini “St. Humbert” di Grodno (casa di cura che con a carico 70 bambini malati terminali) e osservatrice indipendente delle elezioni presidenziali di agosto 2020. Solo una settimana fa Amnesty International denunciava in una nota le pressioni subite dalla direttrice “in seguito al suo ruolo di osservatrice indipendente” e “alle sue critiche pubbliche nei confronti delle autorità”. Queste pressioni già si manifestavano ai danni anche della casa di cura “che ora rischia la chiusura a causa delle molestie alla sua direttrice”, avvertiva Amnesty. Mercoledì 2 dicembre queste pressioni si sono trasformate in azione, come la stessa Velichko ha testimoniato: “Membri del dipartimento di indagini finanziarie sono entrati e hanno portato via un ventilatore polmonare nuovo, senza un mandato di perquisizione“. Nella ricostruzione del fatto, gli uomini avrebbero risposto con veemenza (e “senza mostrare l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria”) alla richiesta del personale della casa di cura di spiegazioni.
A causa della posizione assunta dalla direttrice dell’ospedale per bambini di Grodno contro il regime di Lukashenko dalla sua posizione di osservatrice indipendente, da due mesi il governo ha iniziato un lavoro di sfiancamento della dissidente, soprattutto a livello di vita professionale. In queste azioni, va ricordato che il 1° dicembre si è tenuta la prima udienza per revocare l’utilizzo dei locali in concessione alla Casa di cura ‘St. Humbert’ di Grodno, con la seconda udienza programmata per metà dicembre. “Stanno cercando di confiscare non solo un ventilatore, ma anche tutte le altre attrezzature acquistate con le offerte di beneficenza“, ha accusato Velichko. La direttrice, esausta di azioni contro di lei che ora colpiscono la salute di 70 bambini malati terminali, non ha risparmiato un affondo alle autorità responsabili di quello che lei definisce un “furto” a tutti gli effetti: “Non potete nascondervi solo dietro il nome di Alexander Lukashenko, dovrete assumervi le vostre responsabilità e rispondere delle vostre azioni”.
Da parte dei suoi colleghi è già stata organizzata una risposta corale. Più di 4.500 medici, infermieri, paramedici, farmacisti, studenti di medicina e professori – sotto la sigla di Belarusian medical solidarity Foundation – hanno firmato una lettera aperta chiedendo la fine delle violenze e degli abusi sulla popolazione civile, indagini su tutti i casi di lesioni personali e torture per aver espresso una posizione civile e il rilascio di prigionieri politici, fino al riconoscimento della non validità del risultati delle ultime elezioni presidenziali.
La situazione nel Paese
A certificare lo stato sempre più degradato della situazione in Bielorussia è arrivata anche la denuncia delle Nazioni Unite, che hanno parlato di “continuo deterioramento della situazione dei diritti umani nel Paese“, in particolare per quanto riguarda il diritto di riunione pacifica. “È urgente che il governo ponga fine alle continue violazioni”, ha dichiarato l’alta commissaria per i diritti umani, Michelle Bachelet. Alle autorità bielorusse è stato chiesto di garantire “indagini rapide, approfondite, indipendenti, trasparenti e imparziali” su tutte le accuse di tortura e altre violazioni dei diritti umani, “inclusa la morte di almeno quattro persone nel contesto delle proteste”. Tra queste, quella di Raman Bandarenka, giovane artista e attivista morto in ospedale la sera del 12 novembre per le conseguenze di gravi ferite alla testa e di un polmone collassato, dopo essere stato picchiato da forze dell’ordine in borghese.
Dal giorno delle elezioni presidenziali, più di 27 mila persone sono state arrestate (344 a seguito delle proteste di ieri, ha confermato il ministero degli Interni bielorusso) nel corso delle manifestazioni per chiedere le dimissioni di Lukashenko. Nonostante il monitoraggio dell’ONU abbia certificato che le manifestazioni si siano tenute sotto forme pacifiche, “i manifestanti sono stati sistematicamente e nella maggior parte dei casi violentemente dispersi”, attraverso “un uso della forza non necessario o sproporzionato”, ha aggiunto Bachelet nel suo intervento al Consiglio per i diritti umani. Tra i rapporti, l’alta commissaria ha fatto riferimento anche a persone picchiate da membri delle forze di sicurezza durante e dopo il loro trasporto alle stazioni di polizia o ai centri di detenzione: “Se confermati, questi incidenti costituirebbero maltrattamenti e, in alcuni casi, potrebbero equivalere a tortura”. Il Parlamento Europeo ha già parlato di più di 100 prigionieri politici e 500 casi di tortura nel Paese.