Bruxelles – Alla luce del risultato e delle pratiche che le hanno caratterizzate, il Consiglio dell’Unione Europea ha dichiarato di non poter riconoscere l’esito delle ultime elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale venezuelana tenutesi domenica 6 dicembre.
Il risultato elettorale, comunicato dal comitato elettorale nazionale, ha aggiudicato al partito del Presidente del Venezuela Nicolàs Maduro, il partito socialista unito del Venezuela, il 67,6 per cento dei voti scrutinati, percentuale sulla quale ha influito soprattutto l’azione di boicottaggio avanzata dall’opposizione. A fronte di una competizione ritenuta illegittima e scorretta, l’astensionismo delle forze anti-regime ha contribuito a portare l’affluenza alle urne a un magro 30%.
Un indirizzo che il Consiglio Affari Esteri, tramite un comunicato, dichiara di condividere. “La carenza di pluralismo e la discriminazione nei confronti dei leader dell’opposizione non permettono all’Unione Europea di riconoscere questa competizione elettorale elettorale come attendibile, libera e trasparente e il relativo risultato come rappresentativo della volontà del popolo venezuelano”, si legge nel testo. Secondo il Consiglio, l’esito elettorale è da ritenere illegittimo in virtù della mancanza di un accordo che abbia risolto la crisi politica in corso nel Paese e dell’assenza degli standard minimi internazionali che lo rendono credibile.
“L’Unione Europea chiede alle autorità venezuelane di dare priorità all’interesse dei cittadini e di convenire su un processo di transizione che porti a una soluzione pacifica e sostenibile”, prosegue il comunicato. Tradotto: un accordo tra le parti politiche che porti a elezioni legislative libere, corrette e competitive.
A novembre 2020 il Consiglio ha prorogato per un altro anno le sanzioni contro il regime di Maduro, rendendole valide fino al 14 novembre 2021. L’iniziativa è volta a richiamare il governo di Caracas sul rispetto della democrazia e soprattutto sull’osservanza dei diritti umani, carenti nel Paese, anche a causa della crisi economica e sociale in atto. Attualmente le misure consistono nell’embargo di armi e di attrezzature utilizzate per la repressione interna e nel divieto di viaggio e nel congelamento dei beni per 36 persone elencate in posizioni ufficiali notoriamente coinvolte in in atti di violazione dei diritti umani e di indebolimento della democrazia e dello stato di diritto.