Bruxelles – Una ‘legge Magnitsky europea’, ovvero un nuovo regime di sanzioni dedicato a colpire i responsabili di violazioni dei diritti umani. L’aveva evocato la presidente Ursula von der Leyen nel suo primo Discorso sullo Stato dell’Unione, rispondendo a chi accusa l’Europa di essere troppo lenta o poco coraggiosa, a chi la sollecita a liberarsi del voto all’unanimità almeno per quanto riguarda l’applicazione delle sanzioni relative ai diritti umani. “Che si tratti di Hong Kong, di Mosca o di Minsk, l’Europa deve assumere rapidamente una posizione chiara”, aveva detto. Il Magnitsky Act fu approvato dal Congresso degli Stati Uniti nel 2012 – dopo la morte dell’avvocato russo oppositore di Putin, Sergei Magnitsky, in carcere e in circostanze sospette – e autorizza il governo statunitense a perseguire i responsabili di violazioni dei diritti umani.
Dopo il lavoro tecnico dei rappresentanti permanenti al livello di Coreper, l’adozione formale da parte dei ministri degli Esteri Ue arriverà lunedì 7 dicembre, in un vertice che si terrà fisicamente a Bruxelles (“le riunioni in presenza sono sempre una buona notizia”, sostengono fonti europee). Il via libera arriverà quindi lunedì, simbolicamente a tre giorni dalla giornata mondiale per i diritti umani, fissata per il 10 dicembre. “Si tratterà di un regime globale di sanzioni contro chi si macchia di violazioni dei diritti umani”, ha anticipato l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, in un intervento ai Rome MED – Mediterranean Dialogues, un’iniziativa annuale organizzata dal MAECI (Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale) e da Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale).
“Interessi e valori: i Trattati ci dicono che la nostra politica estera dovrebbe essere fondata su questi aspetti. Ci sono troppe violazioni dei diritti umani nel mondo, questo è inaccettabile“, ha concluso. Borrell è stato molto chiaro sul fatto di non essere d’accordo con l’approccio degli Stati Uniti “su sanzioni che colpiscono la popolazione, come nei casi dell’Iran e del Venezuela. I costi sociali sono troppo elevati”.Un nuovo regime di sanzioni non significa che sarà però superato lo scoglio dell’unanimità.
I ministri degli Esteri avranno poi uno scambio di opinioni sulla nuova agenda transatlantica per quando Joe Biden sarà insediato alla casa Bianca, individuando le priorità future per la cooperazione con gli Stati Uniti. In sostanza, discuteranno di quale possibile partnership offrire alla nuova amministrazione statunitense. L’interesse di Borrell sarebbe quello di mettere sul tavolo una nuova politica estera, di sicurezza e della difesa da discutere con Washington. Fonti europee sottolineano anche che per la prima volta in una sede ministeriale, i rappresentanti degli Stati membri discuteranno del concetto di autonomia strategica dell’UE, un tema che proprio l’elezione di Biden ha reso molto attuale. Il capo della diplomazia europea ha più volte chiarito il suo punto di vista: rilanciare il multilateralismo (e la relazione con gli Usa post-Trump) non è in contraddizione con la necessità dell’Europa di trovare “la propria voce” e la propria autonomia. “Il contrario di autonomia è dipendenza”, dice Borrell sostenendo che l’Ue – tanto in politica estera quanto in politica interna – non dovrebbe aspirare a essere solo dipendente da altre potenze più autonome di lei.
Nell’agenda dei ministri, tra gli affari correnti, anche la situazione in Georgia e in Venezuela, dove domenica si terranno le elezioni dell’Assemblea Nazionale. Focus, infine, anche sull’agenda con la Turchia, che sarà uno dei temi caldi al prossimo Consiglio europeo (10-11 dicembre)