Roma – La pandemia ha accelerato in maniera impressionante il processo di digitalizzazione della scuola italiana. Due i principali ostacoli che si pongono davanti al sentiero che dovrebbe condurre il nostro Paese nella nuova era dell’Istruzione: mancanza di connettività e di competenze digitali avanzate. Sono questi gli spunti principali emersi dal quarto panel della settima edizione di ‘How Can We Govern Europe?’, il più importante evento italiano sugli affari europei, organizzato da Eunews. Al tavolo virtuale dei relatori moderati da Silvia Compagnucci, direttrice area digitale Icom, si sono alternati Mario Allegra, Direttore dell’Istituto Tecnologie didattiche del Cnr, Fabrizia Benini, Capo Unità Digital Economy and Skills della Dg Connect della Commissione europea, Andrea Bollini dirigente del ministero dell’Istruzione e l’europarlamentare Massimo Smeriglio.
E se all’indomani dello scoppio della pandemia i dati Censis fotografavano una situazione tutt’altro che rosea, con il 61% dei dirigenti scolastici che denunciava una mancanza di competenze nei confronti della didattica a distanza all’interno delle scuole, in questi mesi molto è stato fatto per gestire l’emergenza. O almeno ne è convito Andrea Bollini che ha snocciolato, numeri alla mano, la cifra dell’impegno messo in campo dal ministero.
“L’Italia dal 2015 ha investito 1,9 miliardi per la digitalizzazione scolastica- ha spiegato il dirigente del ministero- e di questi 412 milioni sono stati spesi solo nell’ultimo anno per far fronte alla didattica a distanza. In questo modo siamo riusciti a raggiungere il 97,4% degli studenti”.
Sulla stessa linea Mario Allegra per il quale “il mondo dell’Istruzione nel attivare questa nuova vita didattica ha reagito in tempi rapidissimi” e “si è passati fondamentalmente da un periodo in cui le tecnologie per la didattica erano riservate a sperimentazioni e ricerche ad una situazione in cui si è dovuto farne un utilizzo di massa. La tecnologia è entrata prepotentemente in classe e ci rimarrà anche dopo la pandemia non necessariamente per continuare con la Dad ma per avviare un nuovo modello di didattica”.
Insomma, anche nel campo dell’Istruzione la pandemia può trasformare una crisi in opportunità. La chiave del successo, manco a dirlo, sarà data da come verranno utilizzati i soldi del Recovery fund. “Il 20% di questa somma- ricorda Fabrizia Bernini– dovrà essere obbligatoriamente utilizzata per incrementare i piani di sviluppo digitale dei Paesi e colmare le criticità nelle competenze digitali”.
Già perché non basta avere un tablet per saperlo usare, se è vero come fotografava l’Istat nel 2019 che anche tra i nativi digitali permane un deficit importante di skill, con il 60% di loro che si colloca nei gradini più bassi a livello di competenze digitali. Ma al di là dei problemi tecnici quello della didattica a distanza è soprattutto un problema sociale.
“Noi non dobbiamo mai dimenticare che il contesto che stiamo vivendo non l’abbiamo scelto è un’emergenza”, ammonisce Smeriglio, per il quale non bisogna dimenticare come uno studente su cinque ha difficoltà con la didattica a distanza e circa la metà del corpo docente si è espresso in termini di non adeguatezza gestione delle tecnologie digitali. Per l’europarlamentare dunque “la dimensione casalinga non va bene produce alienazione, produce isolamento e un carico eccessivo di lavoro sulle donne”.
La grande sfida di sarà quindi quella della programmazione e dell’anticipazione su quale sarà il modello futuro di società e di sviluppo per questo Paese. Modello che per Smeriglio deve necessariamente passare dal ritorno “ad un mondo normale, dove la gente tornerà a frequentare le scuole, i cinema e i teatri”.