Bruxelles – ESM, si può fare. L’Italia rinuncia al suo potere di veto e permette di raggiungere l’accordo sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, il fondo salva-Stati nato sulla scia della crisi finanziaria del 2008 e posto al centro del progetto di unione bancaria. Il voto favorevole del governo Conte è stato annunciato dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, prima della riunione. “Sarebbe un contraddire le indicazioni del Parlamento se il ministro dell’Economia oggi andasse a porre un veto”, la linea esposta alle commissioni Camera e Senato.
Promessa mantenuta, per la soddisfazione di Paolo Gentiloni. “L’accordo sul trattato e sul backstop è una buona notizia per la stabilità e la capacità di resistenza dell’area euro, ed è una buona notizia per i cittadini e le imprese”, il commento del commissario per l’Economia al temine della riunione, durata sei ore.
“Un testo equilibrato in linea con le nostre richieste”, ha detto soddisfatto Gualtieri al termine della riunione confermando che la riforma “è un passo avanti importante per l’unione bancaria e la condivisione dei rischi”. Il testo approvato, “non prevede alcun irrigidimento delle regole di supervisione bancaria come avevamo richiesto e indicato” e contrariamente alla stretta invocata da alcuni Paesi.
L’esito molto positivo dell’Eurogruppo, segnato anche dal riconoscimento a favore delle banche italiane. “L’Italia – ha detto il ministro dell’Economia – figura tra i Paesi che hanno compiuto progressi nel sistema bancario che oggi appare solido e non più collocato come è stato per molto tempo tra quelli con fragilità”.
Proprio dall’analisi dei rischi, in particolare della riduzione della consistenza dei crediti deteriorati e dei progressi fatti dai singoli Stati, i ministri dell’economia della zona euro hanno valutato la possibilità di anticipare il ‘common backstop’ che entrerà in funzione parallelamente con la riforma del MES.
L’Italia ottiene che tutti i partecipanti mettano risorse per costituire il fondo comune di risoluzione delle crisi bancarie, finanziato dall’ESM, cose finora mai considerate come contestuali. Fin dall’inizio il Paese, anche prima dell’attuale esecutivo, ha spinto perché alla riduzione del rischio si accompagnasse anche la condivisione degli oneri. E così sarà. “Siamo stati capaci di ridurre questo accordo anche sulla base della riduzione del rischio”, sottolinea Gentiloni.
Con l’accordo politico il 27 gennaio 2021 saranno firmati i nuovi trattati sul funzionamento del fondo salva-Stati, per poi avviare il processo di ratifica dei parlamenti nazionali. “Considerati i progressi compiuti nella riduzione del rischio – si legge nel comunicato di fine seduta dell’Eurogruppo – abbiamo anche deciso di anticipare entro l’inizio del 2022 l’entrata in vigore del sostegno comune al Fondo di risoluzione unico”, il cosiddetto backstop.
Il 4 dicembre 2019 l’Eurogruppo ha trovato l’accordo politico di principio alla riforma del trattato che istituisce e regola il meccanismo europeo di stabilità, allo scopo di accrescerne ruoli e funzioni. Si tratta di un accordo che si inserisce nel più ampio impegno di completamento dell’Unione bancaria e di rafforzamento dell’Unione economica e monetaria. Serve per prevenire le crisi e intervenire, in caso di bisogno, fornendo liquidità al fondo unico di risoluzione per le banche in difficoltà (la copertura dei costi di liquidazione o ristrutturazione bancari).
“Non dico che in futuro verrà utilizzato, dico che è disponibile nel caso in cui dovesse servire”, sottolinea il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe. Anche il direttore esecutivo dell’Meccanismo europeo di stabilità, Klaus Regling, tiene a sottolineare che “l’ESM è lo strumento di ultima risorsa per 19 Stati” dell’UE, quelli con la moneta unica.
La delegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo continua a nutrire perplessità. “Il Mes è uno strumento vecchio, inadatto e incapace a dare una risposta efficace ai problemi economici e sociali che la pandemia sta causando”, sostiene Tiziana Beghin, capo-delegazione dei pentasstellati. “Al Mes serve una profonda revisione tanto più alla luce dello stress che il Coronavirus sta mettendo alle nostre economie”.