Bruxelles – Frontiere esterne rafforzate, più sicurezza anche nello spazio di libera circolazione comune, una governance più coordinata ed efficiente. Questi i tre livelli di intervento che la Commissione europea vuole attuare per una riforma di Schengen, per rendere lo spazio di libera circolazione più resistente alle minacce. Li elenca la presidente Ursula von der Leyen aprendo i lavori del primo Schengen Forum (30 novembre) che ha messo (virtualmente) allo stesso tavolo membri del Parlamento europeo, ministri dell’Interno dei Paesi membri e rappresentanti della Commissione per fare per la prima volta un punto sulla situazione. A metà 2021 è prevista l’adozione di una strategia proprio per rafforzare Schengen e l’evento di oggi è servito da primo confronto sulla questione.
Europeans have grown to rely on Schengen. It is essential for our economy and our way of life.
We must come together to address the existing challenges & make Schengen work for all of us.
My message at the #SchengenForum ⤵https://t.co/S4KoAomvrq pic.twitter.com/3xDZO3fKn0
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 30, 2020
Sebbene la presidente parli di Schengen come un’area di libera circolazione irrinunciabile per l’UE (“è troppo preziosa per noi. Non permetteremo che fallisca”), non nasconde che gli “ultimi anni hanno messo a dura prova Schengen”. Tra il 2006 e il 2014, in 9 anni, “i controlli alle frontiere interne sono stati reintrodotti 35 volte”, ha sottolineato. Secondo i dati della Commissione europea, dal 2015 a oggi i controlli alle frontiere interne sono stati reintrodotti 205 volte. “Si tratta di un aumento significativo”, dice von der Leyen. Troppo significativo per non indagarne le ragioni. Di certo, rispetto a 25 anni fa sono cambiate le sfide che gli Stati si trovano ad affrontare. Di recente, abbiamo già sottolineato che nell’ultimo anno l’area di libera circolazione si è riscoperta molto sotto pressione a causa della minaccia del terrorismo e anche della diffusione del Coronavirus nel Continente, che ha spinto molti governi a reintrodurre controlli alle frontiere interne. Oggi, tra terrorismo e lotta al Covid-19, si contano in tutto otto Paesi che hanno reintrodotto controlli, senza tra l’altro concordare un approccio comune.
Nel 1985 cinque Stati dell’Unione europea decisero di abolire i controlli alle frontiere interne e così nacque lo spazio Schengen. Trentacinque anni dopo, l’area caratterizzata proprio dalla libera circolazione di persone e merci senza restrizioni ai confini interni tra Stati conta in tutto 26 Paesi: 22 dei quali fanno parte dell’Unione europea (Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia) a cui si aggiungono quattro Paesi extra Ue, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Ma per la Commissione e alcuni Stati membri è tempo di ripensarla per rendere la sicurezza dell’area interna più efficace.
Il lavoro per rafforzare l’area interna dovrà partire da un rafforzamento dei controlli all’esterno dell’Unione. Nella sua proposta di Patto per l’immigrazione e l’Asilo, l’Esecutivo ha già previsto uno screening rafforzato alle frontiere esterne dell’UE per chi tenta di entrare irregolarmente nel Continente. “Nessuno deve passare la frontiera senza essere individuato e devono essere identificati gli eventuali rischi per la sicurezza, sia per i cittadini dell’UE che per quelli non UE”, spiega la presidente von der Leyen. Secondo le stime della Commissione, ha ricordato anche la commissaria agli Affari Interni, Ylva Johansson, il 22 per cento di coloro che entrano nell’area Schengen non è controllato e registrato nel Sistema d’Informazione Schengen. “Uno spazio senza frontiere interne ha bisogno di una frontiera esterna completamente sicura. Penso che siamo tutti d’accordo su questo e sulla necessità di fare ancora di più su questo fronte”, ha rincarato la commissaria.
Rafforzare i controlli ai confini esterni, nell’idea della Commissione, aiuterà a garantire la sicurezza nello spazio comune. Su questo fronte la Commissione punta a favorire una più stretta cooperazione della polizia degli Stati membri, migliorare lo scambio di dati e soprattutto rafforzare il mandato per Europol, l’Ufficio di polizia dell’Unione europea. Su questo punto ha insistito anche la Francia, che dopo i recenti attentati di Parigi e Nizza è il Paese in Ue che più sta spingendo per una riforma concreta dell’area Schengen, presumibilmente da attuare sotto la sua presidenza di turno (gennaio-giugno 2022). Dopo un primo approccio molto più radicale – che ha preso in considerazione anche una modifica delle regole nell’area interna – sembra oggi che la linea di Parigi per l’anti-terrorismo si sia attenuata, chiedendo più fermezza nel controllo delle frontiere esterne e un nuovo Patto di sicurezza tra Stati Ue per controllare i confini esterni e impedire i movimenti secondari irregolari verso altri Paesi. Presente al Forum di Schengen anche Europol che si è detta assolutamente “pronta ad assumere un ruolo più forte nel mantenere sicuro Schengen”.
Infine, la presidente von der Leyen ha menzionato la necessità di una migliore governance nella gestione dello spazio Schengen. In altri termini, migliorare il coordinamento tra Istituzioni dell’Unione e Stati membri. “Abbiamo bisogno di una migliore e comune guida politica comune di Schengen, con il Parlamento europeo e gli Stati membri. Il motivo per cui abbiamo organizzato il Forum di Schengen di oggi è per tenere una discussione su come procedere”, spiega von der Leyen. Ha reso chiaro però che non c’è l’intenzione da parte di Bruxelles di fare marcia indietro su quelli che sono i principi cardine della libera circolazione in Europa: reintrodurre misure di controllo alle frontiere interne “deve essere l’ultima risorsa e dobbiamo lavorare in stretto coordinamento”, ha avvertito la presidente. Se la libera circolazione è irrinunciabile per il progetto stesso europeo, von der Leyen ha concluso l’intervento richiamando alla responsabilità “di tutti noi di farla funzionare”.
Le discussioni di oggi sono il primo passo per dare vita a un dibattito politico sulla riforma di Schengen. Secondo quanto riferito dalla Commissione europea, un nuovo vertice si terrà nella primavera del 2021, poco prima della presentazione della strategia. Intanto nel corso dei prossimi mesi si svolgeranno anche consultazioni mirate a livello tecnico con i rappresentanti del Parlamento europeo e delle autorità nazionali, per coinvolgere anche le altre due istituzioni nella formulazione della strategia.